Il nome deriva da Pomaria Locus o da Pomi Ager, cioè luogo ricco di alberi fruttiferi. La sua storia è collegata all'esistenza nel territorio di due antichissimi centri , Pomarico vecchio e Castro Cicurio. Pomarico Vecchio era un centro lucano fortificato, probabilmente anteriore al V secolo a. C., quando queste terre erano ancora occupate dagli Enotri. Si trovava in vetta alla cima più alta della collina della contrada San Giacomo a 415 m sul livello del mare, distante una dozzina di chilometri dall'attuale città. Nel IV secolo a.C. l'abitato di Pomarico Vecchio subì l'influenza della crescente ellenizzazione della Lucania orientale, che apportò una trasformazione urbana sul modello delle polis greche. Infatti, nei dintorni sono state trovate tombe dell’età greca. Il sito di Castro Cicurio invece, molto probabilmente, è l’effetto della romanizzazione di un precedente insediamento greco, Cichurus. L’attuale Pomarico sorse nell’850 d.C. ad opera degli abitanti di Pomarico Vecchio, dopo che il loro abitato fu distrutto per ben tre volte dai Saraceni. Fin dall’inizio della dominazione Normanna (1043) Pomarico fu legato alle vicende della Contea di Montescaglioso subendo anche le prepotenze dei reggitori della Contea e di quelli dell’Abbazia dei Benedettini di San Michele Arcangelo. Tale contesa ebbe termine nel 1714 e all’Abbazia toccò quella parte di territorio dove si trovava Castro Cicurion diventando così una colonia agricola dei Benedettini. I feudatari che possedettero Pomarico furono numerosi: Guglielmo Braccio Di Ferro, Roberto il Guiscardo, i Macabeo e i De Balzo; nel Cinquecento appartenne ai signori d'Avalos, poi agli Orsini, ai Naselli e ai Miroballo. Nella seconda metà del Settecento il feudo fu dei Donnaperna, che costruirono il grandioso palazzo marchesale. Nel 1799 partecipò ai moti per la Repubblica Partenopea e nella seconda metà dell’800 prese parte attiva agli ideali unitari. Consistente fu anche il fenomeno del brigantaggio: capobanda era Giambattista Gallo, alias Mulattiere dei Monaci, catturato e condannato a morte alla fine del 1864.
COSE DA VEDERE
L a specialità di Pomarico è data dalla carne di cavallo, molto consumata e apprezzata. Caratteristico il profumo della carne arrostita, che invade le piccole vie del paese avvolgendo il visitatore nel caratteristico clima campestre. Un piatto particolare è quello pasquale detto “sarcella”: una pizza salata farcita di formaggio fresco,salsiccia essiccata e uova lesse.
-Il Palazzo Marchesale, situato in posizione dominante rispetto all'abitato, è di notevole interesse artistico con la sua struttura tipicamente settecentesca. Ha una struttura imponente, articolata attorno ad un cortile interno, in cui particolarmente suggestiva è il Salone Rosa, con volte dipinte a tempera. Accessibile e fruibile la “casa della cultura” e le Sale interne, su previa richiesta al Comune.
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-Interessanti sono la chiesa di San Michele con facciata in stile barocco, conserva tele del ‘600 di Pietro Antonio Ferro e Andrea Vaccaro, e la chiesa di Sant'Antonio da Padova, nel cui interno si possono ammirare altari barocchi, un paliotto in marmo del 1700, importanti tele del 1500 e 1600 di Pietro Atonio Ferro e un coro ligneo intagliato opera di Domenico Guarino.
-Ai margini del centro abitato di Pomarico si estende per oltre 500 ettari il bosco della "Manferrara". All'interno del bosco è possibile ritrovare diverse specie di piante e alberi, a cominciare dall'acero, l'orniello, il pino d'Aleppo, la rosa canina, l'agrifoglio fino ad arrivare a piante di sottobosco quali il mirto, il lentisco, il pungitopo e il biancospino. Il territorio è esteso e ricco anche di fauna. All'interno della macchia infatti è possibile trovare facilmente volpi, faine, tassi, istrici, vipere e diverse specie di uccelli. Facilmente accessibile e fruibile attraverso anche un area pic nic.
TRADIZIONI POPOLARI
La festa del patrono, San Michele, è la principale manifestazione che si svolge ogni anno a Pomarico, dal 7 al 9 maggio. Durante questi giorni si rinnovano antiche tradizioni, come l'offerta della cera al Santo e la processione sul carro trionfale. L'offerta della cera è il simbolo commemorativo dell'evento che avvenne nel 1527, quando Pomarico rimase indenne da un'epidemia di peste e per ringraziare il suo santo protettore offrì trenta libbre di cera bianca lavorata; il gesto è molto significativo se si considera che all'epoca il prezzo di un chilo di cera equivaleva al prezzo di un quintale di grano.