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TURSI


STORIA

Il paese presumibilmente venne fondato dai Goti che, dopo aver distrutto nel 410 l'antico centro agricolo di Anglona, edificarono sul territorio vicino la loro fortezza (il Castello). Attorno al Castello si rifugiarono i fuggiaschi di Anglona che possono ritenersi i primi abitatori del luogo. Intorno al 850 i Saraceni riuscìrono a conquistare il Metapontino e anche Tursi che a quel tempo era limitato alla zona, già abitata, della Rabatana.Gli arabi abitarono il nascente borgo e lo ingrandirono. La loro impronta è presente nel dialetto, negli usi e costumi e nelle case della Rabatana. Durante la breve permanenza dei Saraceni il borgo prese consistenza e fu denominato Rabatana a ricordo del loro borgo arabo (Rabhàdi).Nel 890 i Bizantini sconfissero i Saraceni e rioccuparono il "borgo Saraceno”. Sotto i Bizantini lo sviluppo demografico ed edilizio fu notevole e l’abitato si estese verso valle. Successivamente fu dominato dalle famiglie dei Sanseverino, dei Doria, dei Visconti e dei Colonna Doria. Dal 1600 la popolazione si ridusse a causa della peste e dell’emigrazione ma rimase sempre uno dei più popolosi paesi della Basilicata. Nell’ ottocento Tursi, a causa dell’emigrazione la popolazione scese sotto i 4000 abitanti.

 

COSE DA VEDERE

Scavi archeologici eseguiti nei pressi di Anglona e nei pressi di Policoro, hanno riportato alla luce innumerevoli opere attualmente custodite nel Museo archeologico nazionale della Siritide, accertando l'esistenza di insediamenti risalenti al 3000 a.C. Gli abitanti di queste zone erano denominati Enotri, in particolare però gli abitanti della zona compresa tra i fiumi Sinni ed Agri, venivano chiamati Coni. Di notevole interesse artistico è la Chiesa di Santa Maria Maggiore caratterizzata da un portale quattrocentesco e ubicata nel borgo antico. Risale al X - XI secolo e nel corso dei secoli ha subito diversi interventi tanto da perdere il suo originario stile. Nella prima metà del secolo XVIII è stata rifatta in stile barocco, conservando soltanto la facciata del ‘400. All’interno si possono ammirare un’acquasantiera in pietra lavorata, datata 1518, un crocifisso in legno del ‘400, le pitture del coro del ‘900 e il trittico trecentesco che raffigura la Vergine in trono con il Bambino e scene della vita di Gesù e della stessa vergine. Il quadro si fa risalire alla scuola di Giotto ed ha un pregevole valore artistico. L’ipogeo sottostante al presbiterio si compone di tre piccoli vani comunicanti che custodiscono l’altare dedicato a Santa Maria Maddalena e il sarcofago in pietra con lo stemma di San Giorgio della famiglia De Giorgiis, passato poi alla famiglia Doria.  I bellissimi affreschi della cappella rappresentano storie di Santi e iscrizioni in latino riguardanti la morte di due giovani della famiglia De Giorgiis. Gli affreschi sono attribuiti a Giovanni Todisco che li eseguì, tra il 1547 e il 1550. Dalla cappella si accede al presepe di pietra datato tra 1547-1550, attribuito ad Antonello Persio, di Montescaglioso, che ha lasciato significative tracce della sua arte scultorea a Matera e dintorni. Il Santuario Santa Maria di Anglona, è il luogo di culto più significativo della Diocesi di Tursi-Lagonegro, elevato a Pontificia Basilica Minore dal Santo Padre Giovanni Paolo II nel ’99. Questo bellissimo santuario medievale è l'unica testimonianza dell'esistenza dell'ormai scomparsa città di Anglona, la più importante di quest'area durante il Medio Evo. La chiesa sorge su un colle. Dopo essere stata dichiarata nel 1931 monumento nazionale, negli anni Settanta la Soprintendenza per i Beni artistici della Basilicata ha avviato una vasta opera di restauro all'interno. Di particolare interesse artistico è il complesso degli affreschi. Particolarmente difficile è la datazione delle origini della chiesa stessa che pare siano precedenti al 1100. Nel 1400, ai tempi della Regina Giovanna I, una centuria facinorosa di soldati la incendiò distruggendola completamente e risparmiò soltanto la Cattedrale. L’attuale struttura della Cattedrale di Anglona, viene datata tra il sec. XI ed il sec. XII e costituisce l’ampliamento di una prima chiesetta, risalente al VII-VIII sec. 

La costruzione, in tufo e travertino, presenta elementi architettonici di notevole importanza.  I recenti restauri hanno fatto rinvenire colore e splendore agli affreschi non ancora perduti. La parete sinistra, rifatta probabilmente a seguito di un crollo, è invece nuda ma doveva raffigurare scene del nuovo testamento.Sulla parete destra della navata centrale sono ancora ben visibili scene del vecchio testamento. La chiesa è consacrata alla Vergine Maria Santissima la cui festa ricorre il giorno 8 settembre.

La Rabatana è il quartiere originario da cui si sviluppò la città di Tursi, occupato anticamente dai Saraceni. È situata a nord-est del paese su una collina argillosa. L'origine del suo nome deriva dall'arabo "Rabad", che significa borgo. Le abitazioni conservano l'antica architettura, le strade sono in pietra. Nella parte più antica del borgo della Rabatana, attualmente disabitata, è ubicata la chiesa di Santa Maria Maggiore.  È circondata per ogni lato da profondi e inaccessibili burroni che. È stato il primo nucleo abitativo di Tursi. Intorno alla metà del V secolo d.c. i Goti costruirono il Castello attorno al quale sorsero le prime case in pietra e si costituì il vero primordiale nucleo di Tursi che crebbe a seguito dello spopolamento di Anglona.

Verso l’anno 850 la zona fu abitata dai Saraceni che lasciarono profonde tracce nell’architettura e nel dialetto. A ricordo dei loro villaggi arabi, i Saraceni denominarono il luogo Rabatana, da Rabat o Rabhàdi o Arabum tana. La Rabatana, per l’ottima posizione di difesa, continuò ad ingrandirsi sotto i Bizantini che nel 890 cacciarono i Saraceni. Fino alla metà del secolo scorso è stato un centro popolato e importante, custode di tradizioni e propulsore di cultura.

La Rabatana è meta di visitatori, locali, italiani e stranieri soprattutto per merito di Albino Pierro che ha fatto della Rabatana la fonte ispiratrice della sua poesia. 

Nella Rabatana si possono ripercorrere le stradine dei ruderi del nucleo primordiale e visitare quel che resta delle umili abitazioni, spesso di un solo vano a pianterreno.

Da Piazza Maria SS. di Anglona, a 346 metri di altezza, si scorgono i resti dell’antico Castello gotico.

Alcune parti del castello e i cunicoli sotterranei sono rimasti intatti a sfidare il tempo fino all'inizio del novecento. Fu costruito dai Goti, nel V sec. d.C., per difesa del territorio.

I recenti scavi nei pressi del castello hanno messo alla luce tombe, monete, frammenti di anfore e palle ogivali di piombo recanti la scritte greche e latine, usate, probabilmente, come proiettili lanciate con la fionda a difesa della fortezza.

Da atti del 1553 si rileva che il Castello era abitato fino al XVI secolo. Era costituito da due piani e due torri. Alcune stampe lo riportano di forma quadrangolare con torri nei quattro angoli. L’ingresso era regolato da un ponte levatoio. Dimora di signori, principi e marchesi, durante i periodi di guerra diventava una fortezza. Per tradizione si crede all’esistenza di un cunicolo tra la chiesa della Rabatana e il Castello che nei tempi antichi consentiva ai Signori di recarsi indisturbati in Chiesa.

ALBINO PIERRO

Albino Pierro nasce a Tursi, nel rione Rabatana, il 19 Novembre 1916. 

La madre muore giovanissima lasciando Albino ancora in fasce. 

Dopo aver studiato a Taranto, a Salerno, a Udine, consegue il diploma magistrale a Roma e si iscrive alla facoltà di Magistero. Dopo varie esperienze in lingua italiana, nel 1959 inizia a scrivere nel dialetto di Tursi. 

Il periodo della fanciullezza vissuta a Tursi scolpisce nella memoria visioni incancellabili, il ricordo della terra natia e il pensiero della madre accompagnano il poeta per tutta la vita e sono fonte ispiratrice delle sue poesie conosciute in ogni parte del mondo.

Tursi diventa il paese del ricordo, della fanciullezza, della nostalgia.

Nel 1975 vince il premio Carducci con la raccolta di liriche in dialetto "Nu belle fatte".

Più volte si fa il suo nome per l'assegnazione del premio Nobel.

Il 1992 l’Università di Basilicata gli conferisce la laurea Honoris Causa in lingua e letteratura straniera.

Il poeta muore a Roma il 23 marzo 1995, la salma, trasferita a Tursi il 25 e il giorno 26, riceve l’estremo omaggio di tutti i Tursitani. 

LA CASA DI PIERRO

La casa della famiglia Pierro, in piazza Plebiscito, è costituita da un seminterrato che si affaccia su Via Garibaldi e due piani elevati che si affacciano su corso Umberto I da dove si accede.

Albino Pierro chiama la sua casa "u paazze", a significare per lui la casa grande dove riceveva i suoi i suoi amici d’infanzia e dalla quale spesso sfuggiva ai suoi genitori per andare con i figli degli inservienti a giocare nei precipizi e parlare il dialetto di Tursi.

Oggi la casa è adibita, ai piani superiori, a "BIBLIOTECA PIERRO" ed è continua meta di turisti e studiosi che provengono da ogni parte del mondo.

 

TRADIZIONI

• La sera del 18 marzo è tradizione bruciare le frasche, raccolte tra i campi durante le potature, creando così grandi falò. La gente del luogo chiama l'evento u umnnàrie riferito al Falò di San Giuseppe. Tra i rioni c'è una sorta di competizione nella preparazione dell'evento, facendo una vera e propria gara su chi ha la migliore organizzazione. I cittadini si soffermano attorno al fuoco dove viene arrostita della carne e si balla a suon di tarantelle, suonate dal vivo da cittadini d'eccezione. Durante la serata si svolge anche la Festa della Focaccia. L'evento è molto antico e si svolge nella notte tra il 18 e il 19 marzo, giorno della festività di San Giuseppe.Con questo rito antichissimo si ricorda la sacra coppia di giovani sposi (San Giuseppe e la Madonna), in un paese straniero ed in attesa del loro banbino, che si videro rifiutata la richiesta di un riparo per il parto.

• Un'antica leggenda narra di un giovane pastorello che, mentre pascolava il suo gregge sulla sommità della collinaVariante, a metà strada tra Tursi ed Anglona, vide avvicinarsi una bellissima Signora, che gli chiese di recarsi in paese, per invitare gli abitanti del luogo ad andarLa a prendere. La gente prima incredula, poi sempre più curiosa si dirige sulla sommità della collina dove ritrova la statua della Madonna e la riporta nel suo santuario. Da allora tutti gli anni, l'ultima domenica di aprile, la Madonna viene portata a spalle per un percorso di oltre 10 km, dal Santuario dell’Anglona alla cattedrale dell'Annunziata di Tursi.

• Il 13 giugno il giorno della festa di Sant’Antonio di Padova  è tradizione recarsi a messa con un cestino pieno di panini. Durante la celebrazione i panini vengono benedetti dal vescovo e successivamente, tra le strade della città vengono donati alla gente meno abbiente.

• Il 13 dicembre, in occasione della festività di Santa Lucia, è uso locale cuocere il grano in pignatte di terracotta e mangiarlo, il giorno seguente, assieme a tutta la famiglia, con zucchero e cacao o fritto con peperoncino e cipolla.

• Anche il carnevale è ricco di tradizioni, alcune ormai cadute in disuso, infatti in passato si usava portare le serenate in casa degli amici o sotto la finestra della morosa, i ragazzi si vestono in maschera e girano il paese raccogliendo regalini. Tra le vie del paese scorre la classica sfilata dei carri che si conclude bruciandoli in piazza alla morte di carnevale.

 

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