Il suo nome probabilmente deriva da "Mons Albanus", in relazione all'antica città di Albano.
Le origini sono molto incerte, forse risalenti al IV secolo a.C. I reperti archeologici rinvenuti nel suo abitato sono di età ellenistica. Probabilmente fu alleata di Roma durante la battaglia di Heraclea, che vide fronteggiarsi le forze romane a quelle epiriote alleate dei tarantini e capitanate da Pirro. In età romana beneficiò dei percorsi della transumanza che ancora oggi l'attraversano, nonché della floridezza di Heraclea, Va tuttavia segnalata la presenza di un sito dell'Età del bronzo nel suo territorio in contrada Iazzitelli.
Nel suo territorio è importante la fattoria ellenistica di Andriace risalente al III secolo a.C. Qui furono trovate le famosissime Tavole di Heraclea tavole bronzee incise in greco relative alla suddivisione agraria dei territori dei santuari di Dioniso e di Atena nel IV secolo a.C. Sul retro è incisa, in latino, la Lex Iulia Municipalis del I secolo a.C. Oggi le due tavole sono conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Nel Medioevo fu feudo appartenuto ai Sanseverino,ai Toledo e agli Alvarez. Importante, alle falde del Piano Cerulli, sull'Agri, i ruderi del monastero bizantino di San Nicola de Sylva che in età federiciana fu occupato dai monaci cistercensi. Nel 1555 la cittadina venne saccheggiata dai Turchi. Rilevante è il tracciato della cinta muraria esterna di età aragonese e poi ristrutturata, nella veste attuale, in seguito al saccheggio turco. Dal 1799 fu molto attiva nel movimento antiborbonico. Nel 1863 al nome Montalbano fu aggiunto l'appellativo Jonico, a indicare il mare su cui il territorio comunale si affacciava. Nel 1974, il territorio, prima molto esteso, si ridimensionò notevolmente, in seguito all'acquisizione dell'autonomia da parte delle due frazioni di Policoro e Scanzano Jonico.
Molto interessante è la chiesa madre di Santa Maria d'Episcopio e di San Maurizo, del cinquecento e ristrutturata in varie epoche.
Il paese è noto per aver dato i natali a Melchiorre da Montalbano, architetto e scultore che operò nel XIII sec., autore della ricostruzione della chiesa di Rapolla.
Il paese è ricordato anche per essere stato il paese di origine della famiglia di Nicola Romeo, fondatore della nota casa automobilistica Alfa Romeo.
Il territorio ha un notevole sviluppo agricolo soprattutto nella zona dei "Giardini di Montalbano", situata lungo le sponde del fiume Agri su cui si coltivano agrumeti, uliveti ed ortaggi.
COSA VEDERE
Montalbano jonico, dista pochi kilometri dal mare. Permettendo così al turista balneare di visitare un luogo dell’entroterra che conserva al suo interno un meraviglioso parco archeologico:
-ARCHEOPARCO DI ANDRIACE
L’Archeoparco di Andriace è un progetto culturale ideato, realizzato e gestito esclusivamente dai soci dell’Archeoclub d’Italia “Siritide”, un’associazione aderente all’Archeoclub d’Italia, movimento nazionale di opinione pubblica al servizio dei beni culturali. L’intero progetto è coordinato da Pietro Antonio Cirigliano.
L‘Archeoparco è ubicato all’interno dell’area geografica di parte della contrada Andriace di competenza del Comune di Montalbano Jonico (MT). Il territorio di Andriace, in parte del Comune di Montalbano Jonico e parte del Comune di Scanzano Jonico, si sviluppa intorno alla masseria omonima ed ha come confini la contrada Olivastreto ad est (in territorio di Scanzano), il fiume Cavone a nord, la contrada Citrangolo e Largo S. Luca ad ovest, il colle di Termitito e l’area della Quotizzazione Demaniale a sud (in territorio di Montalbano).
Oggi la zona del Bosco di Andriace è compresa nel Piano Territoriale Paesaggistico della Regione Basilicata come area di “elevato valore ambientale”. Essa è circondata da numerose aziende agricole che hanno destinato i propri terreni principalmente a frutteti e a oliveti. Ad Andriace residui di macchia mediterranea si trovano tuttora nell’ambito della superficie demaniale e lungo i fossi. La specie vegetale più caratteristica è il lentisco che connota anche le lame dei calanchi. Marginali sono le macchie di oleastro, più diffusi, invece, sono i mirti, gli oleandri, le agavi, i fichi d’India, non mancano il rosmarino, il timo e la liquirizia. In qualche lembo di bosco spontaneo si trovano la rovere , una varietà di quercia,il leccio, il perastro, il frassino, il sorbo, il biancospino, la ginestra, il prugnolo, l’asparago. I gruppi floristici attigui alle aree intensamente coltivate o abitate sono adatti ad un ambiente con forte aridità estiva. Preoccupante risulta essere la situazione della fauna che dal XIX sec. in poi ha subito un forte processo di rarefazione con la scomparsa di numerose specie, quali quelle dei cervi, dei cinghiali, dell’istrice, del lupo, del gufo, del nibbio reale.
Gli obiettivi del progetto dell’Archeoclub d’Italia Siritide sono:
Creare un percorso didattico-turistico, che partendo dal Villaggio Preistorico, giunge sino alla fase ellenistico-romana della fattoria ricostruita (VIII sec. a.C. – III sec. d.C.),
Utilizzare la risorsa culturale come possibilità di cercare tramite diversi linguaggi, un legame col territorio.
Costituire un vero e proprio servizio a disposizione di tutti coloro: studenti, turisti, studiosi, appassionati che vogliono servirsi di un’area didattica di grande rilevanza scientifica, volta alla conoscenza dei fenomeni antropici che hanno caratterizzato la Basilicata jonica dai primi agricoltori e allevatori, sino alle civiltà greca e romana.
www.archeoparcodiandriace.com
Nel centro del paese è visibile il bellissimo "Arco del Pubblico Orologio", un'antica porta a sesto acuto di origine federiciana, del XVII sec.
Molto interessante è la Chiesa Madre di Santa Maria d'Episcopio e di San Maurizo, del cinquecento e ristrutturata in varie epoche. Al suo interno conserva una statua lignea raffigurante una Madonna con il Bambino risalente al XII secolo.
Le mura normanne, di cui restano due torri quadrate e numerose balestriere.
Corso Carlo Alberto, ricco di Palazzi nobiliari edificati tra il XVI e il XIX secolo, molti dei quali con una splendida corte centrale e una serie di abitazioni di origini nobiliari al suo interno.
Terravecchia, nata intorno al castello è ritenuta una domus federiciana, unica della provincia di Matera, oggi in parte inglobato in abitazioni, in parte crollato.
Il paese è noto per aver dato i natali a Melchiorre da Montalbano, architetto e scultore che operò nel XIII sec., autore della ricostruzione della chiesa di Rapolla.
Il paese è ricordato anche per essere stato il paese di origine della famiglia di Nicola Romeo, fondatore della nota casa automobilistica Alfa Romeo.
Il primo popolo straniero che ha lasciato traccia di sé nell'attuale centro abitato, fu quello dei Longobardi, i quali fecero costruire la "torre merlata" a base quadrangolare e fusto circolare. La torre aveva funzione di vedetta, ossia serviva per controllare i Saraceni, che attraverso il valico di Castelsaraceno, miravano alla conquista di Grumento.
Nella seconda metà dell'XI° sec., Moliterno passò sotto la dominazione dei Normanni (1059-1186), che fecero costruire il Castello, ma con il matrimonio di Costanza d 'Altavilla, ultima erede dei normanni, ed Enrico VI°, subentrarono gli Svevi.
Alla morte dello svevo Manfredi, Moliterno passò sotto la dominazione Angioina; nel 1442, dopo una guerra durata 20 anni, tra Angiomi ed Aragonesi, Ferdinando di Aragona, s’impadronì del Regno di Napoli. Ha inizio, anche per Moliterno, la dominazione aragonese, che terminerà nel 1502. Sotto tale dominazione, Ugone di Brajda, con l'assenso del re Ferdinando II° di Aragona, cedette il feudo di Moliterno ad Antonio Sanseverino principe di Salerno nel 1477.
Il dominio spagnolo ebbe inizio nel 1502, dopo la facile conquista francese e l'accordo tra Luigi XII° di Francia e Ferdinando il Cattolico, re di Spagna: i signori di Moliterno furono i Carafa.
Nel 1714, il regno di Napoli passò dagli Spagnoli agli Austriaci che vi rimasero fino al 1738, quando venne assegnato a Carlo di Borbone, nipote del re di Spagna. I Borboni rimasero nel meridione d'Italia fino al 1860, ossia fino a quando Garibaldi lo annesse, con “La spedizione dei mille”, al regno d'Italia, salvo la breve interruzione del periodo napoleonico.
Fu allora, precisamente nel 1806, con la legge del 2 agosto, emanata dai francesi, che venne abolita la feudalità e lasciato al baroni solo il titolo nobiliare, mentre i domini di qualsiasi natura, vennero distribuiti fra i cittadini del Comune.
In verità per Moliterno le cose erano incominciate a cambiare in meglio, sotto il dominio di casa Pignatelli.
In questo periodo Moliterno fu una vera fucina di artisti ed intellettuali.
COSE DA VEDERE
CASA MUSEO “DOMENICO AIELLO”
Si tratta di una tipica abitazione lucana intitolata al figlio di due contadini che, studente modello rimasto orfano, negli anni trenta vendette l'abitazione per potersi pagare gli studi. Un recupero filologico dell’abitazione lucana; una biblioteca, una collezione di stampe, opere dei massimi pittori lucani e una videoteca con numerosi servizi televisivi dedicati alla Basilicata. (www.domenicoaiellocasamuseo.it)
EVENTI
SAGRA DEL CANESTRATO DI MOLITENO
La sagra del formaggio nasce dal fatto che Moliterno è stato sin dal passato un centro famoso per la produzione del formaggio. Si presume, che sin dal primo formarsi del borgo medioevale, intorno alla torre del castello i pochi abitanti si siano dedicati quasi esclusivamente all'attività della pastorizia ed all'attività casearia.Solo dal 1700, però questa attività si trasformò in una vera e propria tecnica organizzata per la produzione del formaggio pecorino, che ha reso celebre in tutto il mondo la ridente cittadina di Moliterno.
Il canestrato di Moliterno è un formaggio, il cui nome deriva dal fatto che la cagliata viene pressata a mano all'interno di canestri di giunco (localmente detti fuscelle). Si utilizza latte ovino e caprino allevati a pascoli brado, anche se si può aggiungere una parte di latte vaccino (razza podolica). Quando ancora era in voga la pratica della transumanza vi erano due tipi di formaggio: durante l'estate i greggi pascolavano sui pascoli vicini al mare e il formaggio era più grasso; durante l'inverno i pascoli erano quelli montani e il latte era meno grasso ma più aromatico. Il 9 e 10 Agosto a Moliterno si tiene la Sagra del Canestrato di Moliterno IGP. Due giorni dedicati a questo rinomato formaggio che ha avuto il riconoscimento IGP nel 2010. La sagra del Canestrato di Moliterno IGP presenta un programma ricco di intrattenimenti, concorsi e percorsi gastronomici, arricchiti da botteghe di artigianato locale e allietati da buona musica popolare. (www.comune.moliterno.pz.it)
Molto belle sono la chiesa Madre di Santa Maria Maggiore, con un bellissimo portale rinascimentale, la piccola chiesa della Trinità, con affreschi della metà XV secolo e la chiesa di San Francesco, affiancata da un piccolo convento nel cui interno è conservato il meraviglioso polittico di Cima di Conegliano del 1499.
Le origini di Miglionico sono remote, come testimoniato da tombe e vasi risalenti fino al VI secolo a.C. rinvenuti nel suo territorio. Secondo la tradizione Miglionico fu fondata da Milone, dal quale deriverebbe anche il nome della città; questi fu un celebre atleta di Crotone del VI secolo a.C., vincitore nella battaglia contro Sibari, e più volte vincitore come lottatore nei Giochi Olimpici. Secondo un'altra interpretazione invece il Milone fondatore di Miglionico fu Milone di Taranto, un luogotenente di Pirro, che prese parte anche alla battaglia di Heraclea e giunto sulle colline tra il Bradano ed il Basento vi fondò una colonia militare chiamandola Miglionico. Dopo la colonizzazione greca, divenne città lucana, poi passò sotto i Sanniti, fino al 458 a.C., anno in cui fu espugnata dai Romani. La storia di questo centro è strettamente legata a quella del suo imponente Castello appartenuto inizialmente ai Sanseverino e poi a diverse altre famiglie nobiliari.
COSE DA VEDERE
Castello del Malconsiglio
Ancor prima di giunge all’interno del paese, la prima visione che si ha di Miglionico è l’imponente Castello, che sembra dominare, isolato, l’intera vallata. Il castello, appartenente alla famiglia Sanseverino, prende il suo nome dalla congiura organizzata al suo interno da parte dei baroni del regno, ai danni di Ferdinando I d'Aragona re di Napoli. La congiura avvenne il 1° ottobre del 1481 e si concluse con la sanguinosa strage dei baroni nella grande sala del primo piano; da quel momento il castello fu chiamato del "Malconsiglio". L’organismo è il risultato di vari ampliamenti avvenuti nel corso dei secoli. Risulta difficile risalire all’epoca del primo impianto. Le fonti storiche citano il castello come già esistente al 1110 ma non vi sono elementi che possano avvalorare tale tesi. Si è giunti alla individuazione di quattro fasi evolutive, che proprio perché non supportate da fonti di archivio, ma risultato di ragionamenti logici sui pochi elementi disponibili, non possono avere carattere di certezza. Molto interessante è poi la Sala della Stella, così chiamata per la forma del soffitto. L’accesso a questo ambiente, che era la parte meglio difesa dell’edificio, era consentito a pochi. All’interno infatti, in piccole nicchie intagliate, erano custoditi ori, documenti, libri preziosi e monete.
Particolarmente suggestivo è il paese stesso di Miglionico, che non si vede da subito, ma si scopre pian piano che ci si avvicina al Castello: appare come un antico borghetto medievale e conserva ancora le caratteristiche strutturali e urbane dell’antico paese. Il visitatore viene proiettato in un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e dove è possibile vivere la suggestione di un silenzio misterioso e affascinante.
Chiesa di S. Francesco
La chiesa di San Francesco, è affiancata da un piccolo convento con campanile romanico, nel cui interno è conservato il meraviglioso polittico di Cima di Conegliano del 1499. Il polittico, è formato da 18 tavole racchiuse in una cornice barocca raffigurante Gabriele, l'Annunciazione, i Santi Bernardino, Caterina, Chiara, Gennaro, Pietro, Paolo, Antonio, la Madonna col Bambino e i cinque Martiri Francescani.
Frazione del comune di Bernalda, si trova al centro del Golfo di Taranto sul Mar Jonio, sulla Costa Jonica della Basilicata. E’ un luogo ricco di storia e di magnifiche testimonianze della Civiltà Magno-Greca, quindi importante zona balneare e culturale, nei mesi estivi è meta di un buon flusso turistico. Fu fondata da coloni greci dell'Acaia nella seconda metà del VII secolo a.C., su richiesta di Sibari, per proteggersi dall'espansione di Taranto. Divenne molto presto una delle città più importanti della Magna Grecia. La ricchezza economica della città proveniva principalmente dalla fertilità del suo territorio, testimoniata dalla spiga d'orzo che veniva raffigurata sulle monete di Metaponto e che divenne il simbolo stesso della città e che essa inviava in dono a Delfi. A Metaponto visse e operò, fino alla fine dei suoi giorni nel 490 a.C., Pitagora che vi fondò una delle sue scuole. Metaponto stabilì un'alleanza con Crotone e Sibari e partecipò alla distruzione di Siris nel VI secolo a.C.; nel 413 a.C. aiutò Atene nella sua spedizione in Sicilia e nel 280 a.C. si alleò invece contro Roma con Pirro e Taranto, durante la Battaglia di Heraclea del 280 a.C. Quando Roma vinse definitivamente la guerra contro Pirro, Metaponto fu duramente punita e alcuni esuli metapontini trovarono rifugio a Pistoicos, unica città che era rimasta fedele a Metaponto durante la guerra. Altri esuli metapontini trovarono ospitalità a Genusium, l'attuale Ginosa. Metaponto intanto subì uno sconvolgimento del tessuto urbano in seguito alla realizzazione, sul lato orientale della città, di un castrum, nel quale si insediò una guarnigione romana. Nel 207 a.C. offrì ospitalità ad Annibale e i romani la punirono nuovamente, distruggendola. Divenne allora città federata riacquistando il suo splendore intorno al I secolo a.C. L'espansione urbana della città continuò fino all'età romana. Nel 72 - 73 a.C. la piana di Metaponto fu teatro del passaggio dell’esercito di schiavi e disperati di guidati da Spartaco. Difatti i primi successi contro l'esercito di Roma permisero a Spartaco di raccogliere nuovi consensi, anche nella zone della Lucania, nelle quali si incontrò con il pirata cilicio Tigrane (presumibilmente re Tigrane II) per organizzare il sospirato imbarco da Brindisi verso la Cilicia, poi fallito per il tradimento di quest’ultimo. Ciò coincise con la decadenza e col progressivo abbandono della città, che venne lentamente ricoperta dai sedimenti alluvionali dei fiumi. A poca distanza dalla città moderna è situata l'area archeologica di Metaponto con le sue rovine tra cui spiccano le celeberrime Tavole Palatine e il museo archeologico nazionale . Metaponto è una delle località ideali per chi vuole godere il mare e il caldo sole del Sud; la spiaggia si presenta ampia e sabbiosa, con lidi attrezzati al servizio dei bagnanti e degli amanti della vela. Inoltre Metaponto viene denominata “California del Sud” per la fiorente agricoltura che qui si è sviluppata, la Pianura Metapontina è oggi il fiore all'occhiello dell'economia lucana. Da queste terre partono per l'Europa e per tutta Italia quantità enormi di frutta e ortaggi che, grazie a un clima costantemente mite, sulla costa jonica la bella stagione inizia a fine marzo e termina ai primi di novembre, maturano con circa uno o due mesi di anticipo rispetto alle coltivazioni di pianure più a nord.
Comune collocato nell’estremo nord della Basilicata, di aspetto complessivamente medievale, sorge sul territorio vulcanico alle pendici del monte Vulture. Abitata fin dal neolitico, subì l’influenza romana, com’è cofermato dall’esistenza di alcuni ruderi di una villa romana con mosaici. La zona assunse un ruolo fondamentale con l’arrivo dei Normanni quando nel 1042 membri della famiglia Altavilla ottennero il riconoscimento ufficiale della conquista della città, da cui partirono per la conquista del dominio dell’intero meridione d’Italia. Guglielmo d’Altavilla vi fece costruire un castello, in seguito ampliato dagli Svevi e poi dagli Angioini, e Federico II nel 1231 vi promulgò le Costitutiones Augustales, codice unico di leggi per l’intero regno di Sicilia, opera fondamentale nella storia del diritto. Federico II portò Melfi e il suo castello a nuovi splendori per aver scelto la zona di Melfi, di Lagopesole, di Palazzo San Gervasio, come residenza estiva dove poter trascorrere i suoi momenti di svago e dove poter preticare la falconeria. A Melfi si tennero inoltre cinque concili, organizzati da cinque diversi Pontefici tra il 1059 e il 1137. Melfi, nonostante dovette cedere il titolo di Capitale a Salerno e infine a Palermo, continuò a essere un centro molto importante dell'impero normanno. Il declino di Melfi ebbe inizio con la dominazione angioina, sostituita poi da quella aragonese.
COSE DA VEDERE
-CASTELLO
Edificato dai Normanni, è uno dei più noti della Basilicata e uno dei castelli medievali più rappresentativi del meridione. Difficile individuare una fisionomia unitaria perché soggetto ad innumerevoli cambiamenti effettuati nel tempo a partire dai Normanni.; basti pensare ai lavori di Federico II, a quelli angioini e così via. Famoso all’interno del castello il museo nazionale archeologico del melfese; di proprietà del Ministero dei beni e le attività culturali, conserva reperti che spaziano dal VII al III secolo a.C. e che documentano in zona la presenza di popolazioni indigene della preistoria e dei periodi dauno, sannita, romano, bizantino e normanno. Particolare e di notevole interesse è il sarcofago di Rapolla (dal nome della località dove fu rinvenuto nel 1856) opera di botteghe dell’Asia Minore della seconda metà del II secolo, decorato nella parte inferiore da una serie di divinità e di eroi risalenti a prototipi classici, e sul coperchio da una giovane donna distesa. www.federicoitineraridellostupore.it
Tel. 0972 238726 - Fax. 0972 238726
Apertura: tutti i giorni 9:00-20:00, lunedì 14:00-20:00
Chiusura: lunedì mattina
Prezzo biglietti: € 2,50 intero, € 1,25 ridotto (dai 18 ai 25 anni), gratuito per <18 e >65.
-CRIPTA DI S: MARGHERITA
Interamente scavata nel tufo vulcanico, risale al 1200; presenta una navata unica con quattro cappelle laterali. Dal punto di vista artistico la chiesa è interessante per i numerosi affreschi rappresentano soggetti come S. Margherita (sopra all'altare principale), l'arcangelo Michele, la Madonna con Bambino, S. Giovanni Battista. Notevole il “Contrasto dei vivi e dei morti” una rappresentazione nella quale gli studiosi vedono raffigurati i componenti principali della famiglia imperiale sveva: Federico II, sua moglie Isabella d'Inghilterra e il figlio dell'imperatore, Corrado IV. www.artezeta.it
Ingresso gratuito; visita su prenotazione; Tel. 0972 239751 (Pro Loco)
EVENTI
-FESTA DELLO SPIRITO SANTO: unica in Italia, si festeggia in occasione della Pentecoste, rievocando il ritorno dei superstiti a Melfi, liberata dall’esercito spagnolo, dopo il sacco francese del 1528. L’evento comprende lo sfondamento e la presa della porta Venosina, i cruenti combattimenti all’interno delle mura della città, il pellegrinaggio alla Selva dello Spirito Santo (rifugio dei popolani), fino all’assedio, sacco e incendio del castello federiciano. Achiudere la manifestazione, gli sbandieratori.
- Ad ottobre invece, l’ultimo sabato e l’ultima domenica del mese, la corte di Federico II fa da sfondo al CONVEGNO INTERNAZIONALE DI FALCONERIA e al raduno dei falconieri, i quali sfilano per le vie cittadine accompagnati da tamburini, giullari, nobili dell’epoca federiciana, menestrelli, cantastorie.
-SAGRA DELLA VAROLA
La sagra della "varola" (castagna) è una manifestazione popolare che ha antiche origini. Essa si svolge a Melfi nel penultimo ed ultimo week-end del mese di ottobre, durante i quali è possibile gustare gli antichi sapori della cucina locale. Il "marroncino di Melfi" è candidato al riconoscimento di prodotto DOCG dalla Comunità Europea. Melfi ospita questa festa nella centralissima "Piazza Umberto I" e per tutte le vie del centro storico, che si trasforma in un grande bosco, con stand dalla forma di tipici rifugi montani, dove vengono esposti alimenti prodotti con questo frutto (dolci, gelato, birra, pasta e pizza).
Questa manifestazione riunisce migliaia di turisti e curiosi, che invadono Melfi per gustare ed acquistare tutti questi prodotti tipici a base di castagne e soprattutto le "caldarroste" preparate in piazza.
Marsicovetere ha origini molto antiche, confermate dai resti, ancora oggi visibili della civiltà che popolò per la prima volta quest'area. Quando nel VII secolo i romani distrussero la vicina città di Vestina, questi luoghi accolsero i profughi, che in massa si spostarono sulla montagna dove oggi sorge Marsicovetere, per trovare rifugio. Il nome di Marsicovetere pare che abbia origine da un'altra etnia che si insediò nel territorio: i Marsi. Questi provenivano dalla Marsica, territorio degli Abruzzi, scesero in Lucania e si stabilirono qui dando origine alla città. Nell'anno Mille, Marsicovetere fu una importante Contea, e fu feudo di varie casate principesche. Dal 1498 al 1621 appartenne al Principe Giovanni Caracciolo che lo ebbe in dono da Re Federico d'Aragona e che lo governarono fino al 1777. Nell'anno 1857, in Basilicata, vi fu un terremoto di proporzioni catastrofiche ed anche Marsicovetere ebbe gran parte del suo tessuto urbano distrutto e molte vittime fra la popolazione. Oggi Marsicovetere è una cittadina che per la sua posizione geografica e per le caratteristiche del suo centro storico possiede peculiarità uniche e irripetibili che si manifestano nella bellezza del suo panorama, dove i colori delle case si confondono con quelli della montagna che sorge alle loro spalle come un grande scudo naturale. Camminando nei vicoletti del centro si legge ancora intatto il tessuto medievale con una miriade di piccole strade, scale e ripide salite che ci portano alla mente tempi lontani in cui gli spazi costruiti dall'uomo si adattavano all'orografia del luogo, divenendo un tutt’uno con la natura circostante.
COSE DA VEDERE
La villa romana di Marsicovetere è una villa rustica abitata dal II secolo a.C. al VII secolo d.C., monumentalizzata in età imperiale. Fu di proprietà di una famiglia lucana che ha dato i natali fra gli altri all'imperatrice Crispina, moglie di Commodo nel 178.
Scoperta i n località Baricelle nel 2006 nel corso di uno scavo per la costruzione di un oleodotto. I lavori di scavo sono poi proseguiti a cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata. La costruzione comprende tre aree: nella zona nord-orientale la pars rustica, destinata al personale di servizio; nella zona sud-orientale la pars fructuaria, comprendente gli impianti dedicati alla produzione soprattutto di olio di oliva e tessuti di lana; nella zona occidentale, la pars urbana, molto ampia e riccamente decorata, comprendente le residenze dei proprietari e degli amministratori della tenuta.
Fino all'età moderna vi era un castello medioevale nella zona più alta dell'abitato, proprio all'estremità del dirupo. Successivamente, in data ignota, venne abbattuto in favore di un mulino a vento. Oggi di tutto ciò rimangono soltanto parte delle mura, una torre e la porta d'accesso principale. Quest'ultima è percorsa da via Castello, su cui vi sono tre portali in pietra, rispettivamente del 1731, del 1806 e del 1811.
La chiesa madre dei Santi Pietro e Paolo completata nel 1639 in stile barocco napoletano è a croce latina, con una sola navata e con 6 cappelle, un tempo di proprietà delle famiglie nobili. Possiede un coro in legno intatto, l'altare maggiore (dedicato alla Vergine Maria e ai Santi Pietro e Paolo) e gli altari delle cappelle del transetto sono in marmo, e seguono una linea barocca; vi sono inoltre due leoni in pietra che sostengono il fonte battesimale del XVI secolo. La chiesa possiede dipinti di scuola napoletana del Settecento: i più rilevanti raffigurano san Giovanni Battista, san Bernardino e l’incoronazione di Maria.
Il Santuario della Madonna del Volturino
Il nuovo santuario della Madonna Assunta è stato consacrato nel 2008, tre anni dopo la posa della prima pietra. Il Santuario è sede del simulacro della Madonna Assunta dall'ultima domenica di maggio al 15 agosto di ogni anno. L'esterno è completamente rivestito in pietra di Gorgoglione mentre l'interno è caratterizzato dal contrasto tra le due pareti longitudinali della navata: una semplicemente intonacata e scandita dalle vetrate e l'altra completamente rivestita in pietra e interrotta da un portale del Seicento che è d'accesso alla sagrestia. All'esterno del santuario vi è un altare posto sulla sommità dove avvengono le celebrazioni all'arrivo e alla partenza della Madonna.
I monasteri
Gli unici monasteri,rimasti sono quelli di Santa Maria di Costantinopoli, sito ai piedi del centro storico e commissionato dal Principe Ettore Caracciolo nel 1575 al celebre architetto Donato Antonio Cafaro,e di Santa Maria dell'Aspro, del Trecento, dove visse gli ultimi anni della sua vita Angelo Clareno,esponente degli “spirituali” dell’ordine francescano.
Centro storico
Tra le costruzioni d'epoca moderna del centro storico si annoverano i palazzi Piccininni, un tempo residenza dei Caracciolo, e Tranchitella su corso Garibaldi, i palazzi Ziella e Rossi su corso Vittorio Emanuele II e Palazzo Pascale su via Roma. Importante è anche l'antica residenza di campagna dei Principi Caracciolo, una massiccia costruzione con un cortile interno, che sovrasta Villa d’Agri. Risale al 1830 la chiesetta della Madonna della Neve su Via Porta Maggiore.
Aree naturali: il monte Volturino
Il Monte Volturino è uno dei posti più affascinanti e incantevoli della Val d'Agri. Al grande patrimonio ambientale si uniscono le zone attrezzate per picnic e campeggi, la pista da sci, lunga all'incirca 2 km, di difficoltà medio/alta, e lo skilift per principianti. Sul Monte Volturino è inoltre presente il Santuario della Madonna Assunta.
In provincia di Potenza, si sviluppa su tre colline che dominano la Val D’Agri: Civita, la più alta con il centro storico, Portello e Casale, più basse, con l'espansione moderna
Cose da vedere
LA CATTEDRALE DI SAN GIORGIO MARTIRE
In origne dedicata a San Michele Arcangelo, dal 1899 è dedicata a San Gianuario. L'interno è a navata unica, con soffitto a botte ed abside a perete curva; due sono le cappelle laterali e una la cupola sul tamburo. L'altare maggiore è in marmo policromo, mentre la facciata sormontata da un timpano, presenta due finestre laterali e una nicchia centrale; all'interno di questa si possono ammirare una scultura lignea della Madonna con Bambino del XIV secolo, una serie di pregiate opere su tela del XVIII secolo, alcune delle quali dipinte dal pittore Nicola Peccheneda. Sul lato sinistro si trova l'antico campanile a cuspide. La cattedrale è soggetta all’ennesimo restauro in seguito al terremoto a causa del quale sono crollati cupola, tamburo, presbiterio e abside. Il giorno del terremoto quando l'edificio crollò, il parroco arciprete Don Gerardo Marsico, fortuitamente non vi celebrò la messa prevista. Di conseguenza quando la terra cominciò a tremare la chiesa era vuota, il merito di tale prodigio è attribuito al protettore San Gianuario, la statua del santo rimase addirittura intatta sotto le macerie.
PALAZZI NOBILIARI
Nel centro storico, caratterizzato da stradine lunghe e strette, si possono ammirare palazzi gentilizi con portali in pietra, riccamente decorati. Palazzo Navarra, la cui costruzione risale alla prima metà del Settecento, quando per l'espansione urbanistica si colmò lo spazio esistente tra la vecchia Civita e la collina più bassa, ha una mole maestosa ed è da ammirare per l'eleganza dello stile e per il ricco portale con stemma nobiliare. Palazzo Boccia, casa signorile recentemente donata al Comune per essere adibita a scopi culturali e sociali. Palazzo Barrese, a ridosso delle antiche mura, fornito di una torre che fa parte dell'antico sistema di difesa. Sarà presto restaurato poiché è già pronto il suo progetto di ristrutturazione. Palazzo Pignatelli, integro nella sua maestosa fisionomia tardo cinquecentesca, ora sede del Municipio e della biblioteca comunale. Sulla volta d'ingresso del palazzo Pignatelli si nota lo stemma nobiliare con l'iscrizione "Arma d'oro con tre pignate nere nel lambello pendente rosso". Nella sala consiliare abbelliscono le pareti i dipinti di Luigi Filippini e di Gino Canarino, pittori di Marsiconuovo.
PIATTI TIPICI
La cucina di Marsico Nuovo è una cucina semplice, basata su prodotti locali tradizionali. Tra i piatti tipici si ricordano:
• la cuccia, fatta con grano, mais, lenticchie, fagioli, cotiche di maiale e salsiccia grassa (pezzente);
• i fusidd cu a muddica, fusilli fatti in casa con la mollica di pane fritta;
• i triidd e fasul, cavatelli fatti a mano, conditi con fagioli cotti nella pignatta, al camino;
• la rafanata, frittata con uova sbattute, rafano grattugiato fresco, formaggio pecorino, salsiccia. La cottura avviene su fuoco in padella di ferro con coperchio ricoperto di brace;
• il pan m'nisc'c, mosto d'uva cotto con farina di semola, pinoli, noci ed aromi vari.
Castel Lagopesole (comunemente Lagopesole, "Lu Cuastiedd" in aviglianese) è una delle frazione di Avigliano, in in provincia di Potenza, che conta 652 abitanti. Lagopesole è nota per il suo passato svevo; il castello infatti fu prima residenza di Federico II e poi di suo figlio Manfredi. Inoltre esso è famoso anche per essere stato uno dei luoghi di rifugio dei briganti guidati da Carmine Crocco.
COSE DA VEDERE
Il Castello, attribuito a Federico II e costruito probabilmente tra il 1242 e il 1250, è considerato un’imponente testimonianza di architettura fortificata medievale al cui interno è presente una chiesa vera e propria e non una semplice cappella; di stile angioino presenta diverse sale tra le quali quelle denominate "dell'imperatore e dell'imperatrice", di notevole pregio artistico. Il castello, per i suoi fregi e per l'alternarsi di stili che lo compongono, rappresenta uno degli esempi più belli e caratteristici di castelli federiciani nel Sud Italia. Ospita numerose attività culturali e dal 2000 accoglie l'Antiquarium realizzato con i materiali medievali rinvenuti durante le campagne di scavo effettuate nel cortile minore alla fine degli anni '90.
www.federicoitineraridellostupore.it
www.castellolagopesole.com
Tel. 0971 86083 - Fax 0971 86065
Apertura: tutti i giorni
Orari: -estate:9.30-13.00 e 16.00-19.00
-inverno:9.30-13.00 e 15.00-17.00
Prezzo biglietti: 1,50 senza guida e 2,00 con guida
EVENTI E MANIFESTAZIONI
eventi di valorizzazione del castello “Il Mondo di Federico II”
Il nostro paese, di ottocento abitanti è in provincia di Potenza in posizione dominante nella valle del torrente Sauro. Qui puoi trovare tanto verde, numerosi corsi d’acqua, abitazioni che hanno conservato intatto l’aspetto originario del borgo medioevale con le pietre a “faccia vista”, rari ed affascinanti reperti archeologici di antiche civiltà Enotrie che abitavano questo territorio prima dei Greci, e… squisite specialità gastronomiche . Le antiche origini del centro abitato risalgono all'età del Bronzo, come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti. Dai ritrovamenti si evince che, prim'ancora della colonizzazione magnogreca della costa Ionica, erano gli Entri ad abitare le aree interne della Basilicata, soprattutto quelle a ridosso dei percorsi fluviali.
Il Castrum Perticari si sviluppa in epoca medioevale. Il nome antico potrebbe riferirsi alle "pertiche" longobarde cioè a quelle parti di territorio da questi assegnate alle famiglie dei coloni.
Nel 968 Guardia rientra, sotto l'egida del Patriarca di Costantinopoli, nella diocesi di Tricarico e fu interessata dalla presenza di due illustri asceti, Luca d'Armento, fondatore del cenobio di Carbone, e Vitale da Castronuovo. Quest'ultimo, pare, si fermò sui monti di Turri ove ricostrì una chiesa in rovina. In epoca normanna il territorio di Guardia rientrò nella giurisdizione di Ruggero, Conte di Tricarico. Nel 1237, durante il regno di Federico li di Svevia, tra i possedimenti della diocesi di Tricarico sono menzionate anche le località di Guardiam, Turrim, Perticarum e il Monasterium Sancti Vitalis in Turri.
Con la caduta degli svevi e l'affermazione degli angioini, nella "giostra" delle spartizioni feudali, Guardia viene assegnata a Giovanni Britando e poi,nel 400, ai Della Marra, signori di Stìglìano. Ed è proprio in un documento di Carlo d'Angiò, risalente al 14 maggio del 1306, che per la prima volta compare il nome completo di Guardia Perticara.
Con la conquista spagnola le rendite del paese passavano ai Carafa a cui a lungo sarà legato il destino dei guardiesi. Nel 1652 i francescani fondavano il convento di S. Antonio; pochi anni più tardi,nel novembre del 1657,una
terribile epidemia di peste,che colpì tutta l'area dell'alta vai d'Agri, provocò a Guardia ben 500 vittime. Nel XVIII sec. la "Terra della Guardia Perticara" entrava a far parte del Ripartimento di Maratea come feudo del principe dello Spinoso, Giuseppe Colonna, Marchese d'Altavilla. Il paese aveva all'epoca circa mille abitanti. Le attività prevalenti dei guardiesi erano quelle agricole ma non mancavano commercianti, artigiani (del legno, del ferro e calzolai) e diversi professionisti (un agrimensore, due medici, due notai, un professore "legale" ed uno speziale), come si apprende dalla compilazione del Catasto Onciario del 1753.
Il borgo si sviluppa nelle tre principali contrade (il Carbonaro, 5. Leonardo e la Croce) e poi a Porta d'Acciaro, Portanova, 5. Pietro, 5. Sebastiano, la SS. Annunciata, "Avanti alla Chiesa", Casale, Castello, Carvutto, Fosso, Piazza e "Sotto la Chiesa". I nomi delle contrade rievocano ancora il periodo medioevale e le strutture difensive realizzate intorno al castello:il Ponte (levatoio), il Fosso (il fossato difensivo), la Porta, ecc.
Sul finire del '700 sono molti a Guardia, all'epoca assegnata al Marchese di Fuscaldo, i fautori del movimento repubblicano, fra questi Giuseppe Maria Agosto, Giulio Cesare Caporale, Gerardo Maria Guidone e Domenico Massaroche, in seguito alla caduta della Repubblica Napoletana, furono arrestati ed inclusi tra i "rei di stato". Ciò nonostante l'attività politica della parte liberale del popolo di Guardia riprese con vigore negli anni successivi al governo francese quando tra gli affiliati alla Carboneria troviamo Pietro Nicola Caporale, Vincenzo Giannoccari, Carlo Maria Grimaldi e Giuseppe Martineui, quest'ultimo carbonato "graduato" che partì volontario per l'Armata Costituzionale, I processi per cospirazione non frenarono le aspirazioni di libertà e progresso dei guardiesi. NeI '48, infatti, l'attività insurrezionale trovò in Prospero Caporale, Vincenzo De Grazia e Giuseppe Mazziotti i suoi maggiori fautori.
Il 16 dicembre del 1857, il violento terremoto che colpì l'alta vai d'Agri, provocò a Guardia Perticara, che in quell'anno contava 1885 abitanti, ben 85 morti e 53 feriti.
L’attività cospirativa dei liberali lucani trovava, intanto, proprio in quest'area l'impulso che avrebbe generato la definitiva caduta, nel 1860, delle resistenze borboniche.
Nel '60, infatti, Guardia Perticara è tra le prime ad innalzare la bandiera tricolore ed a collaborare attivamente alla spedizione guidata da Giacinto Albini su Potenza.
Nel corso dell'800 vennero eseguiti in paese diversi lavori per il rifornimento idrico, la viabilità e per il restauro di edifici religiosi.
Nel 1912 sorgeva la Società di Mutuo Soccorso. All'epoca Guardia contava solo 1270 abitanti, facendo registrare una sostanziale flessione demografica per la massiccia emigrazione avvenuta nei primi anni del XX secolo. Durante il primo conflitto mondiale la comunità guardiese sacrificò molte vite, tanto che a New Yorkai costituì un comitato per la costruzione del monumento ai caduti. Meno gravi furono invece le conseguenze del secondo conflitto mondiale, ma ancora perdite di popolazione si ebbero a causa dell'emigrazione.
Dal '48 ad oggi Guardia Perticara è stata amministrata da 8 sindaci e grazie ad un'accorta politica urbanistica, in seguito al sisma del 1980 ha potuto avviare una ricostruzione basata sul restauro conservativo e sul recupero delle strutture originarie del centro storico. (www.comuneguardia.it).
COSE DA VEDERE
Chiesa di Sant’Antonio
L'edificazione della chiesa di S. Antonio, con molta probabilità avvenuta tra la fine del XVI e l'inizio del XVII sec., è legata alla vicenda di Ascanio Cataldi, principe di Brindisi. Una storia, sospesa fra verità e leggenda, racconta che il Cataldi abbia fatto erigere la chiesa nel 1600 mantenendo una promessa fatta allor quando, rapitogli il figlio, in cambio del ritrovamento, ovunque questo fosse avvenuto, egli promise la costruzione di un tempio cristiano. Il figlio, dunque, sarebbe stato ritrovato a Guardia. All'interno della chiesa una lapide recita:-Qui giace Ascanio, della illustre famiglia Cataldi che le opere gloriose fecero cittadino di Guardia, ti generò e crebbe la terra di Brindisi, questa ora tiene anche la tomba di te principe, fosti fino alla tarda età precettore di grande fedeltà. La moglie Lucrezia questo ti ha dedicato. Ora ricevi i grandi onori di Dio". Sulla tomba un bassorilievo effigia il principe. All'interno della chiesa vi sono: le tele dell'Anenunciazione di Biagio Guarnacci del 1751 e dell'Immacolata del 1857 (anno del terribile terremoto) di autore ignoto; due sculture lignee raffiguranti S. Antonio e l'Addolorata, del XVIII sec.; due leoni erratici del XVI sec.
Grumentum fu un'antica città romana della Lucania. Da Grumentum passava la via Herculea tra Venusia e Heraclea, e un'altra strada conduceva sul versante tirrenico, facendo della città un nodo di comunicazione strategicamente importante. I primi insediamenti abitativi nella zona si possono far risalire al VI secolo a.C. , tuttavia la fondazione della città vera e propria risale al III secolo a.C. ad opera dei Romani, nell'ambito della creazione di una serie di avamposti fortificati in posizione strategica realizzati durante le guerre sannitiche.
A causa dei diversi attacchi da parte dei Saraceni, tra l’878 e il 1031, gli ultimi abitanti di Grumentum si rifugiarono sul colle sovrastante la città, dove esisteva già dal IV sec. d.C. un piccolo insediamento intorno al tempio dedicato alla divinità egizia Serapide. Questo nuovo centro abitato intorno alla metà dell’anno 1000 prese il nome di Saponara e divenne feudo Normanno. Conobbe quale primo Feudatario Roberto d’Altavilla, Conte di Montescaglioso.
A questa famiglia si deve la costruzione del castello e della cinta muraria. Tra i vari feudatari che si avvicendarono, i Sanseverino segnarono la storia del paese tenendone il possesso ininterrottamente sino al 1853. Sotto il loro dominio il Comune conobbe periodi di grande splendore, ma anche di decadenza. In epoca risorgimentale la cittadina partecipò attivamente ai moti liberali del 1820-21, del 1848 con Gherardo Ceramelli e all’attività mazziniana con il liberale Giulio Cesare Giliberti.
Rasa al suolo dal sisma del 1857, che mietè più di 2000 vittime, fu interessata anche dal fenomeno del Brigantaggio. Il nome Saponara, con regio decreto del 21 aprile 1863, fu trasformato in Saponara di Grumento ed infine, il 3 novembre1932, in Grumento Nova.
Il nome medioevale di Saponara deriverebbe, secondo lo storico Racioppi, dal tardo latino Sabulum (sabbia) + aeria (aia). Altri studiosi, invece, sostengono che derivi da Sérapide (divinità Greco-Egizia) a cui venne dedicato un tempietto nella parte alta della città e dove si trasferirono in seguito agli attacchi dei Saraceni.
COSA VEDERE
Nei piatti tipici lucani e della Val d’Agri si respira quel profumo di semplicità, sinonimo di una genuinità che è propria di una terra attaccata alle sue tradizioni. Il grano, con il giallo oro delle sue spighe, è da sempre il simbolo della civiltà contadina, che in questi luoghi ancora vive incontaminata.
Piatti tipici di Grumento: torta rustica di Pasqua (cazzola) ripiena di ricotta, formaggio fresco, uova, prezzemolo,sopressata; la torta con il sanguinaccio(crema dolce fatta con il sangue del maiale, cacao e caffè)
-LAGO DI PIETRA DEL PERTUSILLO
La diga del cosiddetto Lago di Pietra del Pertusillo venne costruita negli anni Cinquanta nel territorio di Spinoso, sbarrando il fiume Agri all'altezza della stretta del Pertusillo.
Nonostante l'opera abbia avuto un notevole impatto ambientale, la preservazione ed il rispetto per l'ambiente ha permesso il proliferare nella zona di numerose specie animali anche non comuni, che spesso dimorano nel lago; tra gli animali stanziali ci sono le folaghe, i germani reali, i moriglioni e una gran parte dei rapaci presenti in Italia, mentre nei tratti più isolati del lago è presente anche l'airone cenerino. È possibile godere di un magnifico panorama caratterizzato da uno splendido specchio d’acqua circondato da parchi lussureggianti e dominato all’orizzonte da imponenti montagne.
Quest'opera avrebbe dovuto dare valore alla zona circostante, dove sono sorti agriturismi e alberghi che godono di vista sul lago, ma i risultati di queste opere sono ancora allo stato embrionale. In compenso, è da molti ritenuta la principale causa dell'emigrazione iniziata negli anni sessanta, e mai completamente attenuatasi, nei comuni interessati.
-MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA VAL D’AGRI
Il museo riunisce le testimonianze dei diversi insediamenti succedutisi nella zona dall'età preistorica, dando particolare risalto all'antica colonia romana di Grumentum.. Nel museo sono esposti i resti di grandi mammiferi vissuti nel Pleistocene nella Val d'Agri, oltre alle ceramiche appenniniche di Moliterno e Paterno.
Nella sezione "Preromana" sono esposti frammenti ceramici del periodo neolitico, materiali risalenti all'età del ferro e all'età arcaica, testimonianze del passaggio dal classicismo all'ellenismo.
La sezione "Romana" documenta i diversi aspetti della città di Grumentum: le attività produttive, commerciali e l'esercizio del culto. Di rilievo, tra i reperti di età romana, una testa raffigurante Livia, moglie di Augusto.
-PARCO ARCHEOLOGICO
Poco distante da Grumento Nova si può visitare il Parco archeologico di Grumentum; i ruderi della vecchia città si trovano su una collinetta fra il torrente Sciaura e il fiume Agri. L'impianto urbanistico della città era molto semplice, con tre strade principali e una serie di stradine che intersecavano le vie principali. L'antica città era circondata da una cinta muraria lunga tre chilometri con sei porte.
Rimasta per lungo tempo ricoperta da terra e rovi, la città è stata riportata parzialmente alla luce da campagne di scavo avvenute negli ultimi decenni che hanno messo in evidenza la pianta della città e i monumenti principali, tra cui i più importanti sono: il teatro, il foro, le terme repubblicane ed imperiali, l’anfiteatro, gli edifici pubblici e religiosi, alcune abitazioni private e la pavimentazione lastricata di un decumano. In particolare nell’area delle terme imperiali sono stati riportati alla luce circa 300 mq di mosaici, quattro statue di marmo alcune ville romane e un opificio per la produzione del pane. Importanti i resti dell'anfiteatro, costruito nel I secolo a.C. e modificato in età imperiale.