STORIA
Sulle origini del paese si sa solo che le popolazioni che occupavano la valle del fiume Mercure si rifugiarono, in seguito all'invasione gotica, nel luogo in cui oggi sorge Rotonda.
La prima citazione del nome Rotonda compare in una pergamena del 1083. Il toponimo deriva dalla disposizione delle case attorno al castello, situato su di una collina che lo rendeva simile ad un unico blocco rotondo. Condivisa da molti storici è l’idea che Rotonda sia stata fondata sui resti di un’antica città d'epoca romana che era situata in un punto di incontro fra molte vie importanti. La presenza di vie di comunicazione ne fece sin dalla nascita un centro ricco e prosperoso. Come avvenne per la maggior parte delle città del sud, Rotonda passò in varie mani dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, cambiando spesso il suo aspetto, ma arricchendosi volta per volta, di architetture di vario stile, alcune delle quali arrivate fino ai giorni nostri. La data di nascita dell'attuale centro di Rotonda non è certa, ma si sa per certo che esisteva al tempo dei Longobardi di Salerno, e che fu conquistata, insieme ai territori del Principato di Salerno, da Roberto il Guiscardo, passando così sotto il dominio dei Normanni. A partire dal 1419 passò sotto il dominio dei Sanseverino. Alla fine del XVIII secolo la popolazione ebbe un sostanzioso incremento, che la portò a 2500 abitanti, questo incremento fu dovuto al fatto che Rotonda era una terra di passaggio che portava in Calabria, e quindi cominciò a sviluppare alcune attività commerciali. Fra il 1799 e il 1806 Rotonda come tutta la zona intorno della Basilicata e Calabria, fu teatro di scontri (moti repubblicani). La zona di Rotonda era giudicata un punto strategico, per via delle sue caratteristiche territoriali, che la rendevano un punto invalicabile da parte delle truppe provenienti dalla Calabria. Rotonda fu l'unico paese della Basilicata ad ospitare Giuseppe Garibaldi, che vi sostò il 2 settembre 1860, prima di partire da una spiaggia di Maratea per Sapri.
COSA VEDERE:
Il Santuario di Santa Maria della Consolazione
È una costruzione imponente risalente al 1558, edificata in segno di ringraziamento alla Madonna, che secondo la tradizione sarebbe apparsa in quel luogo ad una pastorella, dopo un lungo periodo di epidemie che aveva colpito il paese. Conserva una bella statua in marmo della Madonna risalente al 1512 che lascia presupporre un culto mariano preesistente alla costruzione del Santuario. Interessanti anche due bassorilievi tondi marmorei del 1600 con decorazioni di intagli lignei dorati del XVII sec.
Palazzo Amato
All’ interno è ospitato un interessante museo di storia naturale. Tra i reperti più interessanti conservati al suo interno vi sono: il femore di un Uro vissuto nel territorio Rotondese circa 100.000 anni fa, lo scheletro quasi completo di un Elephas antiquus (Elefante Antico) e la mandibola incompleta di un Hippopotamus amphibius, rinvenuti nella Valle del Mercure e risalenti all'epoca interglaciale Mindel Riss.
Molto interessante sotto il profilo storico è anche un fortino, costruito nel 1822, come difesa contro i briganti.
Il paese, situato nel Parco del Pollino, ha un territorio ricco di una grande varietà di flora (tra cui ricordiamo il Pino Loricato) e di fauna (lupi, volpi, cinghiali etc.). Grazie alle strutture ed al personale organizzato dal paese, è possibile effettuare escursioni guidate nel parco o soggiornare in uno dei rifugi presenti nella zona.
Comune della provincia di Potenza, sorge su una delle tante colline della zona del Vulture; infatti dalla rupe su cui sorge è possibile godere di paesaggi a perdita d'occhio, e per tutto il Corso principale si vede perfettamente il Monte Vulture e la Valle di Vitalba. L'indagine archeologica degli anni 1977-1980 data l'antichità di Ripacandida al VII secolo a.C., ma già alla fine del XIX secolo vengono rinvenute alcune grotte di epoca archeolitica e pavimenti mosaici alle sue falde. Sembra dunque che sia sorto dopo l’invasione gotica di “Candida Latinotum”; per altri il nome deriva dal colle di colore bianco su cui sorge.
COSE DA VEDERE:
-SANTUARIO SAN DONATO
Antichissimo santuario per la sua storia ormai millenaria con tutti i suoi affreschi del 1500, situato all'ingresso da nord-est dell'abitato, in onore del protettore della cittadina. Le pareti sono affrescate con pitture narranti la storia del Vecchio e Nuovo Testamento che si sviluppano su volte, pareti e pilastri delle tre campate. Nella Chiesa sono inoltre conservati un altare barocco e un dipinto della Madonna degli Angeli del Pietrafesa. Caratterizzato da una struttura architettonica romanica è gemellato con la basilica di S. Francesco in Assisi, tanto da ricevere in dono una reliquia del corpo del santo patrono d’Italia. A dicembre 2010 il santuario ottiene dall'UNESCO il riconoscimento di Monumento messaggero di cultura di pace e monumento nazionale per i profondi valori spirituali che da secoli trasmette.
Tel. 0972 644145 (Convento Suore)
Apertura: tutti i giorni 7:30-12.00 e 15:00-17:00
-IL BOSCO (area naturalistica)
Denominato Bosco Grande forse perché in origine era uno dei più grandi della regione, è una delle bellezze naturali divisa tra i comuni di Filiano, Forenza, Atella e Maschito. Composto da alberi ad alto fusto come querce, cerri, ecc., per secoli ha dato lavoro, nutrito e riscaldato durante i freddi inverni la popolazione di Ripacandida e paesi limitrofi. I contadini, tra cui anche donne intrepide e coraggiose, andavano al bosco per tagliare e poi vendere quella che veniva chiamata una "salma " di legna anche nei paesi vicini. Rifugio di mandrie e di allevatori, durante la cosiddetta "transumanza", che utilizzavano il bosco come luogo di sosta per i loro lunghi spostamenti. I simboli per eccellenza rimangono il "casone" e le "pile", cioè abbeveratoi per gli animali. Durante il brigantaggio, fu rifugio per i briganti, che utilizzarono le numerose grotte per sfuggire alla cattura.
GASTRONOMIA TIPICA
-LA TRECCIA
Il caratteristico pane dalla forma intrecciata è chiamato "Ruciulatieggh". Non si conosce l'origine di questo tipo di pane, unico fra l'altro, perché nei paesi vicini non esiste. Preparato dalle brave massaie, veniva poi cotto nei forni delle case; ogni casa aveva il proprio forno. "I rucilatieggh" erano preparati con un impasto di farina, olio, acqua, semi di finocchio, uova, sale e lievito e poi lucidati con il tuorlo dell'uovo. La tradizione continua nei panifici che lo preparano il martedì e il venerdì.
-PANE DI PASQUA
Altro tipo di Treccia preparato soltanto a Ripacandida, chiamato sempre in forma dialettale "Scarceggh". Consiste in un impasto di Treccia fatto a forma di cono, dove alla sommità viene posto un uovo metà dentro e metà fuori, non cotto, che cuocerà assieme all'impasto nel forno, chiuso da una croce sempre dello stesso impasto. Esiste un'altra variante ancora, quella di aggiungere un "manico", sempre dello stesso impasto, come se fosse una borsa.
Rionero in Vulture è una cittadina posta ai piedi del Vulture, antico vulcano spento.
Ha un territorio interamente montuoso e collinare trovandosi sulle falde orientali del monte a 645 metri sul livello del mare. I suoi abitanti, divisi tra il centro abito e le frazioni di Monticchio Bagni e Monticchio Sgarroni, sono circa 14.000.
Il suo paesaggio è vario e accogliente con una ricca vegetazione di vigneti oliveti e folti boschi. La fertilità dei terreni e la loro favorevole esposizione, hanno consentito lo sviluppo della viticoltura e dei castagneti da frutto. La quasi totalità del vino rosso prodotto in Basilicata è ottenuta con uve del vitigno Aglianico dal quale si ricava il rinomato Aglianico del Vulture vino riconosciuto d.o.c.
Rilevante anche la presenza degli oliveti che forniscono un prodotto di ottima qualità dovuta alla natura vulcanica del terreno, e alla circolazione d’acque sotterranee che sgorgano in sorgenti di acque minerali che alimentano stabilimenti d’imbottigliamento, nella zona.
STORIA:
Le prime notizie storiche sul casale medioevale di Santa Maria di Rivonigro come feudo del Vescovo di Rapolla, appaiono in uno scritto del 1152, ma la sua storia è ben più antica e molto ci sarà ancora da scoprire se si considerano le tombe rinvenute in località S. Francesco, Cappella del Priore e Padulo, risalenti al IV secolo a. C., la villa romana in località Torre degli Embrici e i resti di un acquedotto romano sulla fiumara di Ripacandida nei pressi dell’abitato.
Un’altra citazione compare in un documento angioino del 1277 che parla di “Universitas Rivinigri”. Abbandonata dai suoi abitanti nel 1325 per spostarsi nel feudo di Atella, a causa degli esosi gravami fiscali imposti sui pascoli, fu ripopolata nel 1533 da contadini discendenti da Albanesi Epiroti che cambiarono la denominazione del Casale in Arenigro.
Nel 1648 appare fra le Università del Regno di Napoli. Fino al 1627 vi si professa il cristianesimo di rito greco; fu quasi rasa al suolo dal terremoto del 1694, venne riedificata successivamente dai principi Caracciolo di Torella. Fra il 1740 ed il 1800 ci fu una notevole trasformazione urbanistica con considerevoli sostituzioni edilizie, sia dai ceti abbienti sia dalle classi più povere. Nel 1811, per decreto di Gioacchino Murat, Rionero fu elevata a Comune autonomo. Nel 1860, la città fu al centro dei moti briganteschi; qui si organizzò una delle bande dei briganti comandata dal leggendario generale Carmine Crocco nativo di Rionero, il quale fece arruolare nella sua compagnia molti contadini, rendendo la resistenza antiunitaria, una ribellione di classe. Nel 1943, Rionero fu teatro di una feroce rappresaglia nazi-fascista: 16 rioneresi furono trucidati dai tedeschi in ritirata ed altri due morirono nell’assalto ai magazzini dei viveri. Una stele eretta sul luogo dell’eccidio ne ricorda la tragedia per la quale la città di Rionero ha ottenuto la Medaglia d’Argento al Merito Civile.
COSE DA VEDERE:
Al visitatore curioso in cerca di spiritualità, di pace e di bellezze naturali possiamo segnalare i meravigliosi laghi di Monticchio, due piccole gemme luccicanti, incastonate nel verde intenso del Monte Vulture. Raggiungendo le loro verdissime sponde, sotto le gallerie di alberi che li costeggiano, ci si accorge di trovarsi accanto ad alcuni tra i gioielli più preziosi di cui si adorna la bella terra lucana. Questa era una delle patrie di Federico II di Svevia, il gran sovrano che prediligeva questi boschi per le sue battute di caccia con il suo falco. Tra questi boschi, trovò spesso rifugio Carmine Donatelli detto "Crocco", il brigante di Rionero che con la sua banda di lealisti borbonici, combattè una disperata battaglia contro i piemontesi, negli anni immediatamente successivi all'unità d'Italia.
I due laghetti vulcanici, ospitati in depressioni imbutiformi e pseudo circolari sono separati da una lingua di terra, ma sono comunicanti attraverso un canale sotterraneo che porta acqua dal Lago Piccolo al Lago Grande. Dal Lago Grande un emissario scarica le acque nel fiume Ofanto.I due laghetti, pur comunicando tra loro, presentano un diverso colore: dalle acque verdastre del Lago Piccolo alle acque verde oliva del Lago Grande ed entrambi hanno la temperatura più elevata dei laghi d’Italia. Nelle acque dei due laghi, cinti ed ombreggiati da una folta boscaglia di roveri e di faggi, galleggiano i fiori della ninfea (Ninphea alba), vegetanti solo in Basilicata nei laghi di Monticchio, pianta dai lunghissimi steli, simili a lacci, che si sprofondano nei laghi e formano in superficie un suggestivo tappeto di fiori bianchi che sembrano camelie tra foglie verdi, larghe e rotonde.
Lo straordinario lepidottero, scoperto dal ricercatore altoatesino Federico Harting, nel 1963, è denominato è una farfalla notturna, che ha una apertura di ali di sette centimetri. La farfalla Bramea del Vulture rappresenta l’unico esempio in tutta l’Europa di questa falena ed è visibile per un breve periodo primaverile, perché trascorre gran parte della sua esistenza (8-9 mesi) sotto forma di crisalide, nascosta nel muschio.
www.laghidimonticchio.it
LA BADIA DI SAN MICHELE
Riflessa nelle acque del lago piccolo, la Badia di S. Michele appare come uno squarcio di candore abbagliante tra gli alberi del bosco e al viaggiatore, racconta antiche vicende di uomini, momenti tristi e lieti di una storia secolare. Una storia che comincia intorno al decimo secolo, con l'arrivo nella zona del Vulture dei monaci Basiliani che, per sfuggire alle lotte iconoclaste, provocate nel 726 dal decreto contro il culto delle immagini emanato da Leone III l'Isaurico, si erano rifugiati nella zona adriatica dell'Italia meridionale, penetrando anche nelle zone più interne fino a quella del Vulture. Essi qui insediarono uno dei centri monastici di maggiore rilievo, al punto da destare nei secoli l'interesse di Papi e Imperatori.
Furono gli artefici della diffusione del culto della Vergine e del Figliuolo Redentore nell'area del Vulture. Verso la fine del cinquecento, la Badia di S. Michele, ricevuta in commenda da quel cardinale Borromeo reso famoso dal Manzoni che ne parla nei suoi Promessi Sposi, fu abitata dai frati Cappuccini. Proprio al cardinale Borromeo e ai consigli spirituali del suo precettore, Filippo Neri, si deve una rinascita della Badia dopo decenni di decadenza. Soppresso il convento nel 1866, l'Abbazia divenne proprietà demaniale. La maestosa costruzione, è stata oggetto, negli anni di lunghi lavori di restauro che l'hanno riportata alle sue semplici forme originarie, eliminandone le decorazioni e gli stucchi barocchi risalenti ai primi decenni del 1900. Di impianto gotico,conserva un’epigrafe che ricorda l’incontro, avvenuto il 1 aprile 1502 tra Ludovico d’Armagnac, duca di Nemours, e Gonzalo de Cordoba, per decidere la spartizione del Regno di Napoli tra Francia e Spagna.
www.sanmichelemonticchio.it
CUCINA TIPICA
I CINGOLI:fiocchetti di pasta fatta in casa, sbollentati in acqua, scolati e ripassati nel vino cotto bollente.
Il nome deriva da Pomaria Locus o da Pomi Ager, cioè luogo ricco di alberi fruttiferi. La sua storia è collegata all'esistenza nel territorio di due antichissimi centri , Pomarico vecchio e Castro Cicurio. Pomarico Vecchio era un centro lucano fortificato, probabilmente anteriore al V secolo a. C., quando queste terre erano ancora occupate dagli Enotri. Si trovava in vetta alla cima più alta della collina della contrada San Giacomo a 415 m sul livello del mare, distante una dozzina di chilometri dall'attuale città. Nel IV secolo a.C. l'abitato di Pomarico Vecchio subì l'influenza della crescente ellenizzazione della Lucania orientale, che apportò una trasformazione urbana sul modello delle polis greche. Infatti, nei dintorni sono state trovate tombe dell’età greca. Il sito di Castro Cicurio invece, molto probabilmente, è l’effetto della romanizzazione di un precedente insediamento greco, Cichurus. L’attuale Pomarico sorse nell’850 d.C. ad opera degli abitanti di Pomarico Vecchio, dopo che il loro abitato fu distrutto per ben tre volte dai Saraceni. Fin dall’inizio della dominazione Normanna (1043) Pomarico fu legato alle vicende della Contea di Montescaglioso subendo anche le prepotenze dei reggitori della Contea e di quelli dell’Abbazia dei Benedettini di San Michele Arcangelo. Tale contesa ebbe termine nel 1714 e all’Abbazia toccò quella parte di territorio dove si trovava Castro Cicurion diventando così una colonia agricola dei Benedettini. I feudatari che possedettero Pomarico furono numerosi: Guglielmo Braccio Di Ferro, Roberto il Guiscardo, i Macabeo e i De Balzo; nel Cinquecento appartenne ai signori d'Avalos, poi agli Orsini, ai Naselli e ai Miroballo. Nella seconda metà del Settecento il feudo fu dei Donnaperna, che costruirono il grandioso palazzo marchesale. Nel 1799 partecipò ai moti per la Repubblica Partenopea e nella seconda metà dell’800 prese parte attiva agli ideali unitari. Consistente fu anche il fenomeno del brigantaggio: capobanda era Giambattista Gallo, alias Mulattiere dei Monaci, catturato e condannato a morte alla fine del 1864.
COSE DA VEDERE
L a specialità di Pomarico è data dalla carne di cavallo, molto consumata e apprezzata. Caratteristico il profumo della carne arrostita, che invade le piccole vie del paese avvolgendo il visitatore nel caratteristico clima campestre. Un piatto particolare è quello pasquale detto “sarcella”: una pizza salata farcita di formaggio fresco,salsiccia essiccata e uova lesse.
-Il Palazzo Marchesale, situato in posizione dominante rispetto all'abitato, è di notevole interesse artistico con la sua struttura tipicamente settecentesca. Ha una struttura imponente, articolata attorno ad un cortile interno, in cui particolarmente suggestiva è il Salone Rosa, con volte dipinte a tempera. Accessibile e fruibile la “casa della cultura” e le Sale interne, su previa richiesta al Comune.
Amministrazione Comunale
Corso Garibaldi, 6
Tel. 0835 751911 - Fax 0835 751932
-Interessanti sono la chiesa di San Michele con facciata in stile barocco, conserva tele del ‘600 di Pietro Antonio Ferro e Andrea Vaccaro, e la chiesa di Sant'Antonio da Padova, nel cui interno si possono ammirare altari barocchi, un paliotto in marmo del 1700, importanti tele del 1500 e 1600 di Pietro Atonio Ferro e un coro ligneo intagliato opera di Domenico Guarino.
-Ai margini del centro abitato di Pomarico si estende per oltre 500 ettari il bosco della "Manferrara". All'interno del bosco è possibile ritrovare diverse specie di piante e alberi, a cominciare dall'acero, l'orniello, il pino d'Aleppo, la rosa canina, l'agrifoglio fino ad arrivare a piante di sottobosco quali il mirto, il lentisco, il pungitopo e il biancospino. Il territorio è esteso e ricco anche di fauna. All'interno della macchia infatti è possibile trovare facilmente volpi, faine, tassi, istrici, vipere e diverse specie di uccelli. Facilmente accessibile e fruibile attraverso anche un area pic nic.
TRADIZIONI POPOLARI
La festa del patrono, San Michele, è la principale manifestazione che si svolge ogni anno a Pomarico, dal 7 al 9 maggio. Durante questi giorni si rinnovano antiche tradizioni, come l'offerta della cera al Santo e la processione sul carro trionfale. L'offerta della cera è il simbolo commemorativo dell'evento che avvenne nel 1527, quando Pomarico rimase indenne da un'epidemia di peste e per ringraziare il suo santo protettore offrì trenta libbre di cera bianca lavorata; il gesto è molto significativo se si considera che all'epoca il prezzo di un chilo di cera equivaleva al prezzo di un quintale di grano.
Comune in provincia di Matera, anticamente frazione di Montalbano Jonico;la sua posizione strategica al centro della piana del metapontino è vantaggiosa a livello economico tanto da renderlo uno dei maggiori centri della regione per numero di abitanti.
MUSEO ARCHEOLOGICO DELLASIRITIDE
Museo archeologico diviso in cinque sezioni e situato all’interno del sito archeologico di Heraclea; inaugurato nel 1969, il museo è volto a rappresentare i reperti in ordine cronologico dal Neolitico all’età romana. La prima sezione è dedicata alle testimonianze neolitiche, che provengono dalle grotte di Latronico e dal altre aree della zona e consistono in ceramiche dipinte a fasce rosse risalenti al VI-III millennio a.C. La seconda sezione si centra invece sull'età del bronzo, a cui appartengono il corredo funerario di una tomba del 2000 a.C. rinvenuta a Tursi e le ceramiche micenee del 1200 a.C. Altri reperti provengono dagli scavi intorno all'antica colonia magnogreca di Siris con testimonianze del tempio arcaico e della necropoli consistenti in statuette votive, decorazioni e bassorilievi e elmi. La terza sezione è tutta dedicata alla città di Heraclea: sono presenti anche qui statuette votive, laminette bronzee e anche monete magnogreche e romane, matrici per il vasellame, crateri, coppe, vasi e una matrice a rullo per decorare i vasi dei cortili delle case. Nella quarta sezione sono situati i reperti delle necropoli magnogreche tra cui spicca la Tomba di Policoro con numerosi grandi vasi a figure rosse di tema mitologico. La quinta e ultima sezione è dedicata alle popolazioni enotrie e lucane stanziate lungo i corsi dei fiumi Agri e Sinni. I reperti provengono dai corredi delle necropoli di Anglona, Chiaromonte, Tursi e Armento.
Eventi culturali
• Blues in Town: organizzato annualmente dall'associazione culturale La Mela di Odessa, questo festival estivo, nato nel 2004, ha visto esibirsi sul palco artisti affermati come Neffa, Giuliano Palma, Rocco Papaleo, James Senese e Paolo Belli.[8]
• Policoro in Musica: organizzato annualmente dall'associazione culturale Alia, è un festival estivo di musica jazz nato nel 2008.
• Balloon - Festival del fumetto e della letteratura per ragazzi: è una rassegna culturale estiva nata nel 2012 e che nella prima edizione ha ospitato nomi affermati del fumetto italiano come Silver (Lupo Alberto), Corrado Mastantuono (Dylan Dog, Tex e vari personaggi Disney), Giuseppe Palumbo e Clod.
• Festival della Creatività Giovanile: organizzato annualmente dai Giovani Democratici di Policoro, è un festival estivo nato nel 2009 per dare una vetrina ai giovani artisti.
CINETURISMO
I film girati nel territorio di Policoro, sono:
• Berlin Chamissoplatz, diretto da Rudolf Thome (1980)
• Libera nos a malo, diretto da Fulvio Wetzl (2008)
• Basilicata coast to coast, diretto da Rocco Papaleo (2010)
• Operazione vacanze, diretto da Claudio Fragasso (2012)
Comune della provincia di Matera, quarto in Basilicata per numero di abitanti e dopo il capoluogo è anche il più popoloso della sua provincia. Pisticci è composto da diverse frazioni e borghi, le più rilevanti sono Casinello, Centro Agricolo, Marconia, la più popolosa, Pisticci Scalo, Tinchi e la crescente località turistica di Marina di Pisticci. L'abitato di Pisticci ha la forma di una S, e che, data la sua posizione strategica e dominante di affaccio sul Mar Jonio, è denominata il balcone sullo Jonio o l'anfiteatro sullo Jonio.
STORIA
La storia di Pisticci è fortemente legata alle frane che più volte, nel corso del tempo, ne hanno modificato la topografia, la toponomastica e la storia. Le principali cause sono dovute alla natura argillosa del terreno che predispone la collina su cui sorge l'abitato ad eventi di questo genere, che hanno interessato anche altri centri limitrofi, su alture con le stesse caratteristiche geologiche. La frana più imponente fu quella del 1688 perché influì maggiormente sulla struttura di tutto l’abitato; quella notte contraddistinta da una forte nevicata, rimase alla storia con il nome di “Notte di S’Apollonia”. A questa frane ne susseguirono altre per cui il Ministero dell’Interno decise per il consolidamento del centro storico con opere di contenimento e rimboschimento. Un’ipotesi da molti sostenuta vuole che l’etimologia del nome Pisticci derivi dal greco Pistoikos, luogo fedele da Pistis, fede, e da Oikos, luogo. Infatti durante la guerra tra Taranto e Roma nel 291 a.C., fu l’unica città meta pontina a rimanere fedele a Taranto; il nome di luogo fedele si latinizzò poi in Pesticium o Pisticium. Prima della dominazione romana, in seguito alla sconfitta di Taranro, Pisticci fu colonizzata dai greci e sin da allora divenne un importante centro del territorio di Metaponto. Intorno all'anno 1000 i Normanni costituirono il feudo di Pisticci, posseduto in successione dai Sanseverino, dagli Spinelli, dagli Acquara e dai De Cardenas. Sempre nello stesso periodo, i Benedettini fondarono il cenobio di Santa Maria del Casale, poco distante dall'abitato, sui resti di un antico insediamento basiliano. La notte del 9 febbraio 1688, a seguito di un'abbondante nevicata, una frana di enormi proporzioni fece sprofondare i rioni Casalnuovo e Purgatorio, causando circa 400 morti. Dopo la frana la popolazione rifiutò l'offerta del conte De Cardenas di spostare l'abitato più a valle, dove sarebbero state costruite nuove abitazioni, ma in cambio gli abitanti avrebbero dovuto pagare tasse supplementari al conte. Sul terreno della frana furono quindi costruite 200 casette in filari, tutte uguali, bianche, a fronte cuspidata. Il nuovo rione prese significativamente il nome di Dirupo, a ricordo della frana.
Nei primi anni dell'Ottocento fu particolarmente cruenta l'azione del brigantaggio in tutto il territorio. Nel 1808 fu soppresso il regime feudale e nel 1861, entrata a far parte del regno d'Italia, Pisticci diventò municipio e il primo sindaco fu Nicola Rogges. A cavallo tra l'Ottocento e il Novecento si ebbe la prima grande ondata migratoria, soprattutto verso le Americhe. Durante il periodo del fascismo, Pisticci concorse con Matera per divenire capoluogo provinciale, titolo che poi venne assegnato alla città dei Sassi nel 1927. Nel territorio di Pisticci fu realizzato dal regime un campo di confino per antifascisti, che furono impiegati per disboscare e bonificare la malarica e paludosa pianura metapontina. In onore di Guglielmo Marconi questo campo venne chiamato "Villaggio Marconi" ed oggi è la popolosa frazione di Marconia, che ospita circa la metà dell'intera popolazione comunale. La frazione si è molto sviluppata tra gli anni sessanta e settanta. Come dopo la grande guerra, anche negli anni successivi alla seconda guerra mondiale ci fu una forte emigrazione verso il Nord America e la Germania. Le frane continuarono a turbale la vita di Pisticci ed a molti abitanti fu assegnata una casa nella frazione Marconia, il che favorì la prima espansione della frazione. La successiva avvenne tra gli anni ottanta e i novanta dove molti rioni del centro storico subirono un notevole spopolamento, gli abitanti, infatti, preferirono trasferirsi nella frazione Marconia. In questi anni, la frazione Marconia, notevolmente cresciuta, ha iniziato ad aspirare all'indipendenza amministrativa. Nei primi anni del XXI secolo, tuttavia, lo spopolamento del centro storico si è sostanzialmente fermato e il flusso demografico risulta in leggera controtendenza rispetto agli anni precedenti. Il 27 aprile 1991 Papa Giovanni Paolo II, in Basilicata, visitò Pisticci dove incoronò la statua di Santa Maria la Sanità del Casale, conservata nell'omonima Abbazia.
Cose da vedere
LA CHIESA MADRE DI SAN PIETRO E PAOLO
La Chiesastile romanico-rinascimentale, terminata nel 1542 con la costruzione di altre due navate, sorge sui resti di una chiesa presistente del 1212 ed è opera dei Mastri Pietro e Antonio Laviola, fratelli mantovani in latitanza a Pisticci perché accusati di omicidio. L’edificio presenta tetto a doppio spiovente e pianta a croce latina; si compone di tre navate e all'incrocio tra la navata principale e il transetto si erge una grande e alta cupola emisferica. Le navate laterali ospitano cappelle e altari barocchi che furono edificati sopra gli ipogei dove venivano seppellite personalità importanti nella vita del paese. Gli altari sono intagliati in legno e dorati, con incastonate tele e statue di cartapesta attribuite a Salvatore Sacquegna. Alle pareti si notano alcune tele di stampo caravaggesco attribuite a Domenico Guarino del XVIII secolo tra cui quelle rappresentanti la Madonna del Carmine e laMadonna del Pozzo e altre raffiguranti i Misteri del Rosario.
IL CASTELLO DI SAN BASILIO
Fu costruito come masseria fortificata intorno al VII secolo dalla comunità monastica dei basiliani. Divenne poi feudo normanno assumendo sempre più le caratteristiche di un castello con la costruzione del torrione centrale. Dai feudatari normanni fu in seguito donato alla comunità benedettina dell'abbazia di Santa Maria del Casale di Pisticci.
ABBAZIA SANTA MARIA LA SANITA’ DEL CASALE
L’abbazia in stile romanico pugliese, dedicata alla Beata Vergina Maria, fu costruita presumibilmente intorno al 1087 sul monte Corno da Rodolfo Maccabeo ed Emma d’Altavilla e poi affidata ai monaci benedettini di Taranto. Importante è la statua della Vergine al suo interno, scultura in legno del XII secolo e fu incoronata da papa Giovanni Paolo II il 27 aprile 1991 a Pisticci davanti ai lavoratori e ai fedeli lucani.
RIONI DEL CENTRO STORICO
Terravecchia
È la zona più antica della città dalla quale franò il recente rione Dirupo nel 1688. Possiamo ammirare il castello, la porta del paese, la Chiesa dell’Annunziata, la Chiesa Madre, i resti della Chiesa della Madonna della Stella e diverse costruzioni gentilizie. In questa zona si trova il torrione dell’acquedotto dell’Agri, risalente al periodo fascista, una riserva d’acqua per il fabbisogno del paese affiancato da un secondo serbatoio, di minori dimensioni, posto a Montalbano Ionico. Per la realizzazione del torrione fu eliminato il castello normanno – svevo di cui rimane una fortificazione quadrata, il mastio (identificazione incerta) che fino a pochi anni fa veniva utilizzato come ricovero per le capre.
Dirupo
Il nome deriva dall’infausto episodio della frana avvenuta nel 1688, infatti la frazione sorge sulle rovine causate dallo smottamento. Anticamente il rione era abitato per la maggior parte da contadini, nessuna traccia di professionisti o nobili, nonostante ciò ebbero il coraggio e la determinazione nel costruire nuove abitazioni sui resti delle loro case precedentemente distrutte, dato che il tentativo di ricostruirle in altre zone fallì a causa delle ingenti richieste del magnate locale De Cardenas.
CUCINA
La salsiccia appare come il piatto tradizionale di Pisticci e della Lucania in generale; salsiccia magra, più prelibata, e quella grassa, la cui presenza del lardo la rende più adatta alla cottura sotto la brace. I tipi di pasta tipici sono le tapparédde (a forma di rombo), i rucchélé (ruccoli, gnocchetti concavi), i tagghiariédde (tagliolini), maccheroni ai ferri e orecchiette, con sughi spesso insaporiti da cacciagione, una volta lepre e cinghiale, ma anche uccelletti prede della micciarola. Tagliolini e ruccoli si prestano anche a piatti con verdure cotte: i ruccoli in particolare vengono impiegati per un piatto molto simile a quello pugliese degli "strascinati" e cime di rape, mentre i tagliolini vanno bene con i ceci, i fagioli o i piselli. Per non dire della cicerchia, leguminosa assai discussa, almeno nel vissuto popolare, per un'antica credenza che la vuole capace di far perdere la ragione. Le verdure tipiche sono fave e cicorie, i lambasciùne (cipolline). I lampascioni sono bulbi selvatici, che si scavano nel terreno usando una zappa lunga e stretta, " u zappudd'". Corrispondono presumibilmente alla pianta nota come muscaro: leggermente amarognoli, ricchi di proprietà sconosciute, digestivi, forse afrodisiaci, si cucinano e si conservano secondo diverse modalità, con l'olio fritto e l'aceto, con il peperoncino, impanati nell'uovo e così via. I dolci tipici natalizi sono le pettole, le ‘ncartagghiate (cartellate), i porcedduzzi (porcellini).
CINETURISMO
Pisticci è stato sfondo di alcuni film:
• 1979: Cristo si è fermato a Eboli, diretto da Francesco Rosi.
• 2004: The Big Question, diretto da Francesco Cabras, Alberto Molinari.
• 2013: Pisticci e la sua festa, diretto da Emanuele Di Leo
FESTE PATRONALI
Tra gli eventi organizzati durante tutto l'arco dell'anno quello di maggior rilevanza per la comunità pisticcese è la festa patronale di San Rocco che si svolge tra il 15 e il 18 agosto.
Il paese è il più alto della Basilicata (1088 m). Pare sia sorto nell’VIII sec. a.c. ad opera dei Pelasgi ( popolazioni proto-elleniche che hanno preceduto le popolazioni elleniche in Grecia)
Costoro costruirono le loro prime abitazioni nella parte bassa, per celarsi al nemico e per vivere tranquilli, e innalzarono sulle rocce, come posti di difesa e di vedetta, delle costruzioni fatte di blocchi sovrapposti, che alcuni decenni fa ancora si potevano notare sulla roccia. Questi antichi abitanti delle nostre terre rimasero signori incontrastati fino all’arrivo dei Greci. Tracce della presenza ellenica la ritroviamo nella forma ad anfiteatro dell’abitato. Al tempo delle invasioni di Annibale giunsero i Romani, scacciarono i Greci e fecero di Pietrapertosa la loro città. I padroni del mondo,però, resero Pietrapertosa, come il resto della Lucania, terra incolta e abbandonata al pascolo. Il ricordo della loro lingua lo ritroviamo nel dialetto pietrapertosano che conserva ancora parole e frasi latine naturalmente volgarizzate.
Con la caduta di Roma iniziarono le invasioni barbariche: vennero i Goti e poi i Longobardi sotto il cui dominio Pietrapertosa rientrò nel gastaldato di Acerenza. Vennero i Bizantini, ma Pietrapertosa,si ribellò e chiamò in suo aiuto gli arabi e si convertì all’islamismo. Per oltre venti anni gli arabi rimasero padroni di questo territorio. Vennero i Normanni e fu proprio sotto il principato del valoroso Roberto che Pietrapertosa acquistò particolare importanza. Conobbe successivamente l’avvicendarsi delle varie dominazioni straniere.
Nell’ottocento, durante il regno di G. Murat, Pietrapertosa fu centro liberale. Purtroppo l’idea liberale costò a molte famiglie, tra cui quella dei Torraca.
Partecipò sia ai moti carbonari del 1820 contro la restaurazione borbonica, sia all’insurrezione del 1848 contro Ferdinando II di Borbone. Partecipò alla seconda guerra d’indipendenza e,Il 17 settembre del 1859, come Castelmezzano,Tricarico, Pomarico, Pietrapertosa issò la bandiera tricolore con la scritta “ Viva la Costituzione, Viva l’Italia”.
Durante il periodo del Brigantaggio, Pietrapertosa fu risparmiata dagli attacchi delle bande di Crocco grazie alla protezione di Michele Canosa, capo brigante di Pietrapertosa.
I primi anni del 1900 subì un forte spopolamento a causa dell’emigrazione per gli USA e della malaria che falciò la vita di tante persone, soprattutto giovani. A questo si aggiunse una frana che travolse molte case. La prima grande guerra sottrasse a Pietrapertosa molti giovani che persero la vita sul fronte e nelle trincee.
E la seconda guerra mondiale non fu diversa dalla precedente. Oggi Pietrapertosa conta 1312 abitanti ed è preminentemente centro a vocazione turistica.
COSE DA VEDERE
Attrattore principale che caratterizza tanto Pietrapertosa quanto Castelmezzano è il Volo dell’Angelo. I due comuni, presentano un paesaggio particolarmente affascinante comunque ci si muova lungo le strade che conducono ai due borghi situati in prossimità di vette disposte una di fronte all’altra. Proprio questa particolare ubicazione consente di effettuare un incredibile volo attraverso lo spazio che separa i due paesi.
Un’avventura a contatto con la natura e con un paesaggio unico, alla scoperta della vera anima del territorio.
Legati con tutta sicurezza da un’apposita imbracatura e agganciati ad un cavo d’acciaio il visitatore potrà provare per quale minuto l’ebbrezza del volo e si lascerà scivolare in una fantastica avventura, unica in Italia ma anche nel Mondo per la bellezza del paesaggio e per l’altezza massima di sorvolo.
Arrivati in uno dei due splendidi borghi, si avrà la possibilità di girare tra le abitazioni, incastonate tra le rocce, di fare suggestive escursioni storico-naturalistiche, di degustare i prodotti locali ma soprattutto godersi lo splendido panorama circostante da una nuova visuale, insolita e soprattutto ricca di emozione. www.volodellangelo.com
www.parcogallipolicognato.it
Il paese è costruito interamente sulla nuda roccia, quasi incastonato in essa, sfruttandone ogni più piccolo anfratto. Si snoda praticamente lungo l'unica strada principale, fino ai piedi dell'antico castello risalente all'epoca della dominazione romana. Particolarmente suggestivo attraversare il borgo di Pietrapertosa, in quanto rievoca quasi un luogo d’altri tempi, uno dei pochi ancora visibili al mondo.
Interessante è il Convento di San Francesco, costruito sui resti di una fortezza romana e trasformato nel 1474 dai Frati Minori Osservanti. Al lato del convento c'è la chiesa di San Francesco, in stile gotico, nel cui interno sono conservati un coro ligneo intagliato ed affreschi del XVI sec. Di Filiberto Guma e del Pietrafesa.
La Chiesa Madre sorge nella parte alta e si presenta oggi a due navate, frutto di molti rimaneggiamenti a partire dalla sua costruzione nel XV secolo. Da vedere le due tele di Antonio Ferro, datate 1606, il coro ligneo e l’organo del Carelli.
Nella zona è possibile effettuare diverse escursioni a carattere storico-naturalistico, come quello del Sentiero della Croccia o quello del Sentiero di Tempa Castello. Il Sentiero della Croccia conduce agli ultimi resti di un'antica città del IV secolo a. C., mentre il Sentiero di Tempa Castello porta ai ruderi di un antico centro, testimoniato da case e scalinate nella roccia. Del castello di Pietrapertosa non si conosce più nulla. Il nucleo originario, documentato come fortilizio saraceno, è identificabile nell'Arabata, ai piedi del castello, ricostruito dai Normanni.
Il percorso delle sette pietre, è un progetto che recupera un antico sentiero contadino di circa 2 km, che collega i Comuni di Pietrapertosa e Castelmezzano e che si sviluppa su quote variabili: da 920 metri a Pietrapertosa scende fino a 660 metri nella valle attraversata dal torrente Caperrino e risale a 770 metri a Castelmezzano.
Il percorso trae ispirazione dai racconti, tramandati oralmente fra le generazioni e dall’immaginario collettivo su cui si fonda il testo Vito ballava con le streghe di Mimmo Sammartino. Lungo il sentiero la narrazione si traduce in forme visive, sonore ed evocative e diventa una storia incisa sulla pietra.
Ogni tappa prevede uno spazio allestito che accoglie l’opera artistica evocatrice di una delle sequenze del racconto, ed una ambientazione sonora che regala ulteriori suggestioni alla magia della natura che si svela.
Le tappe sono 7 e ciascuna di esse propone una parola chiave che restituisce il senso del racconto.
Le Dolomiti Lucane si trovano nel territorio dei comuni di Castelmezzano e Pietrapertosa. Il territorio presenta un’alternanza di boschi di querce e picchi brulli e rocciosi sui quali, tuttavia, prospera una flora rara e interessante con specie vegetali peculiari come la valeriana rossa, la lunaria annua e l'onosma lucana. La fauna, oltre ai cinghiali (numerosissimi), presenta una notevole varietà di volatili: nibbio reale, rondone, gheppio, corvo reale e falco pellegrino.
EVENTI
La sagra della Rafanata: In occasione del Carnevale, anzi a conclusione, si tiene la sagra della Rafanata, preparazione tipica di Pietrapertosa e del carnevale lucano, fatta da una torta salata con uova, rafano e formaggio.
STORIA
Nova Siri ha origini antichissime. Il nome originario del paese, Bollita, venne sostituito con l'attuale Nova Siri nel marzo 1872 su richiesta del consiglio comunale, per ricordare le sue origini come territorio appartenuto, ai tempi della Magna Grecia, alla regione Siritide, colonia fondata dai profughi di Troia e che si estendeva dal fiume Ferro (Roseto Capo Spulico) fino alla riva sinistra del fiume Basento. La capitale era Siris ubicata sulla foce del Siri. La fertilità e la laboriosità degli abitanti fecero della Siritide una terra "amena e ospitale" tanto da suscitare le invidie delle colonie limitrofe di Sibari e Metaponto le quali, alleatesi con Crotone, invasero la Siritide e distrussero la capitale Siris. Gli scampati cercarono riparo sulle alture vicino ed un gruppo di costoro si fermò su di un colle ove sorgeva una necropoli sirita, i conquistatori romani denominarono il colle "Castrum boletum" cioè "accampamento fortificato" e lo usarono come fortilizio. La bisantinizzazione dell'Italia meridionale ha lasciato le sue impronte anche a Nova Siri particolarmente nel castello, del tutto simile ad un "Kastrum" ossia una masseria fortificata di chiara fattura bizantina. Nei registri della Cancelleria angioina "Bullite" risulta feudo di tal Giovanni di Monforte. La rifeudalizzazione spagnola assegnò Boleto ad un capitano d'armi di Ferdinando il Cattolico, Pedro Sandoval de Castro. E' da notare che Boleto rientrava entro i confini calabresi e vi rimase fino al 1816 anno in cui venne assegnato alla Basilicata. Il nome dei de Castro è rimasto famoso nella storia della letteratura per l'estro poetico del figlio Diego, il cui nome è legato a quello della poetessa di Favale ( Valsinni ) Isabella Morra. Fu culla della famiglia Settembrini. Nella seconda metà dell’800 fu centro di un gruppo risorgimentale affiliato alla Giovine Italia, di cui un esponente fu Pietro Antonio Battifarano che partecipò all’impresa garibaldina arruolandosi presso Capua ad un reggimento di camice rosse.
DA VEDERE
Nova Siri si caratterizza per la presenza di testimonianze romane quali le vasche di origini romane situate in contrada Sant’Alessio, e nei resti di una Villa Imperiale in località Ciglio dei Vagni, la più antica costruzione edificata sul territorio.
Di origine più recente (seconda metà del ‘500) è la Torre Bollita, nelle vicinanze del Mar Jonio, facente parte di un complesso sistema difensivo delle regioni meridionali, voluto dagli Spagnoli.
Di notevole interesse artistico la Chiesa madre di Santa Maria Assunta, con una facciata in stile barocco con all’interno dipinti e statue risalenti al ‘700 e con campanile rifatto nel 1866 in seguito al crollo del terremoto del 1857.
Nelle adiacenze, la chiesetta della Madonna dell’Annunziata, mentre poco distante dall’abitato, solitaria, la Cappella della Sulla.
Nel centro storico del paese si possono ammirare il Castello e i caratteristici vicoli del rione Porticella, caratterizzati dalle "lamie", archi intrecciati con volta a crociera.
Marina di Nova Siri è un centro balneare dotato di spiagge larghe e sabbiose, con un mare limpido; il lungomare è costeggiato da pinete attrezzate per il ristoro e da un lungo viale percorribile a piedi e in bicicletta. Non mancano villaggi turistici ed aree per il campeggio.
La varietà e la bellezza dei paesaggi (fra cui anche una macchia mediterranea che cresce spontaneamente su lunga parte dell'arenile), unitamente alla possibilità di praticare numerosi sport (vela, windsurf, canoa, pesca, ecc.) e alla vicinanza di importanti siti archeologici, richiamano ogni anno un gran numero di villeggianti dall'Italia e dall'estero.
VITICOLTURA
Negli ultimi dieci anni Nova Siri ha visto crescere, accanto ad una sempre fiorente agricoltura, una vivace produzione enologica, divenendo, nel settore, uno dei fiori all'occhiello della Basilicata.
Le produzioni più significative del territorio comunale riguardano gli uvaggi Aglianico, Cabernet e Syrah.
CURIOSITÀ
- Tutte le strade e le piazze della zona lungomare portano il nome di opere del regista italiano Federico Fellini.
- Nel centro storico di Nova Siri sono state girate alcune scene del film “Basilicata coast to coast”
- Nova Siri, nel novembre 2003, fu uno dei primi centri lucani a dar vita alla protesta contro la realizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari nel vicino comune di Scanzano Jonico.
E’ uno dei maggiori centri abitati della Provincia di Matera per dimensione demografica, importanza economica e patrimonio storico ed ambientale. La colonizzazione greca ha trasformato l’abitato in una importante città, circondata da una imponente fortificazione di cui oggi sopravvive un tratto, visibile in un piccolo parco archeologico urbano. La romanizzazione ha comportato un cambiamento nello sfruttamento del territorio, con al riduzione del numero delle fattorie e quindi della popolazione.
Abbazia di S. Michele Arcangelo
STORIA
Il paese si trova in Val d'Agri (Basilicata) nei pressi del lago di Pietra del Pertusillo. Differenti sono le interpretazioni al nome di Montemurro. Le più attendibili sono due: la prima fa derivare la parola Montemurro da Mons Morus, ossia monte del moro, nome dato a seguito della occupazione saracena delle regioni meridionali; la seconda la interpreta dalla conformazione geologica del terreno, essendo il paese costruito sulle pendici di un monte di pietra arenaria cui sovrasta un banco di argilla, quasi monte su monte.
Per quanto riguarda la sua origine non vi è dubbio che nei pressi del centro abitato doveva preesistere un modesto casale costituente un villaggio della vicina Grumentum.
Nel secolo IX molte città meridionali subirono devastazioni e distruzioni da parte dei Saraceni. A questa sorte non sfuggì Grumentum, città popolosa e ricca di commerci che sin dall'antichità era uno dei principali centri della Lucania. Ritornata fiorente nella prima metà del secolo XI, a seguito di una scorreria dei Saraceni, giunti alle sue porte, risalendo il corso dell'Agri, fu nuovamente occupata nell'anno 1031. Il pericolo di scorrerie dovette spingere gli abitanti di Grumentum ad abbandonare la pianura ed a sparpagliarsi nei piccoli villaggi che sorgevano sulle colline dominanti la valle, essendo piu facilmente difendibili.
Montemurro così da villaggio soggetto a Grumentum si trasformò in paese con una propria giurisdizione. Il paese è stato protagonista assoluto nelle vicende che portarono all’Unità d’Italia nel 1861: infatti l’opera del patriota Giacinto Albini (“il Mazzini lucano”) parte da Montemurro i cui rapporti commerciali con l’intero Mezzogiorno favorirono il diffondersi delle idee rivoluzionarie.
Giacinto Albini, una tra le nobili figure di Montemurro, chiamato da Francesco Crispi il "Mazzini lucano" nacque a Napoli il 24 marzo del 1821. Convinto antiborbonico, fin da giovane aderì alla Carboneria ed il 15 maggio 1848 si fece notare sulle barricate di napoli. Nel 1848 fu iniziatore e capo di un Circolo Costituzionale inteso a tutelare le franchigie costituzionali. I tristi avvenimenti di quegli anni fecero scattare l'animo sensibile dell'Albini, facendogli abbracciare la fede di quei martiri e divenire il più audace mazziniano del Mezzogiorno, teso unicamente all'Unità d'Italia
PERSONAGGI ILLUSTRI
Leonardo Sinisgalli - Poeta
Montemurro è il paese natale di Leonardo Sinisgalli, che vi nacque il 9 marzo 1908; ingegnere e pubblicitario, fu collaboratore della Pirelli, della Finmeccanica, dell'Olivetti, dell'Eni e di Alitalia, dividendosi tra Milano e Roma. In gioventù, dopo la laurea in ingegneria fu chiamato da Enrico Fermi che lo voleva tra i suoi allievi, ma egli preferì la poesia all'atomica (fu scoperto da Ungaretti, al quale si legò in una lunga amicizia). Appartenne a quella generazione dei Montale, dei Moravia, dei Pavese, dei Vittorini, dei Piovene, la "generazione inquieta" che formatasi negli anni del fascismo, ebbe sempre un angoscioso travaglio intellettuale dovuto ai tanti anni difficili, tra ventenennio, guerra, e avvento repubblicano. La sua opera ha avuto costantemente un'amarezza di fondo, un senso irrimediabile di disperazione, di vuoto, di cui oggi più che mai gli uomini sono sinistramente afflitti. Nel 1953 fondò e diresse fino al 1958 la rivista culturale della Finmeccanica "Civiltà delle Macchine", pubblicata fino al 1979. Morì a Roma il 31 gennaio 1981 e riposa nel cimitero di Montemurro, nella cappella di famiglia da lui stesso progettata.
Maria Padula - Pittrice
Nacque a Montemurro il 12 gennaio 1915, frequentò il Liceo Artistico e l'Accademia di Pittura prima a Napoli e poi a Firenze. Fu alunna di Francesco Scorzelli, Emilio Notte, Giovanna Brancaccio, Eugenio Scorzelli, Felice Carena, Pietro Gaudenzi, Giovanni Colacicchi e Gennaro Luciano, conservando intatta una sua personalità, che la ricollega alla realtà della sua terra, incantata dai colori e dal suo modi di essere, dai dolci e forti rilievi che la arricchiscono. Morì il 10 dicembre del 1987, e fu sepolta a Montemurro. E' possibile visualizzare alcune delle sue opere sul sitowww.mariapadula.it
AREE NATURALI
IL LAGO DI PERTUSILLO: creato negli anni sessanta sbarrando con una diga le acque del fiume Agri. È anche compreso nel territorio dei comuni di Grumento Nova eSpinoso e fa parte del Parco nazionale della Val d'Agri e Lagonegrese.